mercoledì 17 settembre 2008

I mercati crollano? Investite in armi!

I mercati crollano? Date retta a PeaceReporter, investite in armi
I mercati crollano, le borse si chiudono con perdite miliardarie. Un record negativo senza precedenti, quello seguito al fallimento di Lehman Brothers. 25 miliardi di dollari buttati dalla finestra (per essere gentili) nella sola Europa. Un conto che come sempre pagheranno sulla propria pelle le persone normali e non certo i grandi capitani di industria e finanza.
La reazione a catena è già partita. Chiudono imprese costruttrici, in crisi il mercato dei consumatori. Nei prossimi mesi sarà davvero dura. Aprire oggi la home page del Sole24ore non fa per niente un bell'effetto. Ma c'è invece, guarda caso, un mercato che non risente minimamente degli scossoni che in questi giorni fan tremare le borse di tutto il mondo.
E' quello delle armi. In quest'anno fiscale, dice il dipartimento della difesa statunitense, il giro d'affari è stato di 32 mila miliardi di dollari contro i 12 mila del 2005. “Perché stiamo costruendo un mondo più sicuro”, sostengono negli Usa. Invece se si guarda indietro nel tempo, si scopre che questa è una tradizione. Già nel 1961, quando John F. Kennedy divenne presidente, gli Stati Uniti erano in una pesantissima crisi economica. Molti storici e molti analisti spiegano la rinascita dell'economia statunitense con il rilancio della spesa pubblica attuato dal presidente Kennedy per lo stato sociale, il Wellfare. Pochi invece sono quelli che fanno notare che l'82 percento di quell'aumento di spesa pubblica fu destinato all'industria militare. Che con la guerra in Vietnam, preparata da Kennedy, ebbe una ulteriore crescita. Lo stesso Eisenhower, predecessore di Kennedy, repubblicano parecchio conservatore, nel suo ultimo discorso da presidente disse: “Questa congiunzione tra una immenso corpo di istituzioni militari ed una enorme industria di armamenti è nuovo nell'esperienza americana. L'influenza è totale nell'economia, nella politica, anche nella spiritualità; viene sentita in ogni città, in ogni organismo statale, in ogni ufficio del governo federale. Nei concili di governo, dobbiamo guardarci le spalle contro l'acquisizione di influenze che non danno garanzie, sia palesi che occulte, esercitate dal complesso militare-industriale. Il potenziale per l'ascesa disastrosa di poteri che scavalcano la loro sede e le loro prerogative esiste ora e persisterà in futuro”. Non è una grande novità, dunque che alle situazioni di crisi si risponda con un rilancio della guerra. A questo abbiamo assistito negli ultimi dieci anni. E non ci stupisce che, oggi, quando l'orso è in agonia, la Lokheed sia una delle poche società a mantenere l'attivo.

Maso Notarianni
www.peacereporter.net

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