venerdì 22 febbraio 2008

Il mondo in guerra

Nel mondo sono in corso 27 conflitti.
Il quadro della situazione all'inizio del 2008





Medio Oriente
1. Iraq 125.000 morti dal 2003
2. Israele-Palestina 6.000 morti dal 2000
3. Turchia (Kurdistan) 40.600 morti dal 1984
Asia
4. Afghanistan 32.000 morti dal 2001
5. Pakistan (Waziristan) 6.300 dal 2004
6. Pakistan (Balucistan) 1.000 morti dal 2004
7. Sri Lanka 72.000 morti dal 1983
8. India (Kashmir) 65.000 morti dal 1989
9. India (Naxaliti) 6.600 morti dal 1980
10. India (Nordest) 51.000 morti dal 1979
11. Birmania (Karen) 30.000 morti dal 1948
12. Thailandia 2.800 morti dal 2004
13. Filippine (Mindanao) 70.200 morti dal 1984
14. Filippine (Npa) 40.200 morti dal 1969
Africa
15. Algeria 150.300 morti dal 1992
16. Sudan (Darfur) 300.000 morti dal 2003
17. Ciad 2.000 morti dal 2005
19. Rep.Centrafricana 2.000 morti dal 2003
20. Nigeria 14.300 morti dal 1994
21. R.D.Congo (Kivu) 3.000 morti dal 2004
22. Uganda 100.000 morti dal 1987
23. Kenya 1.000 morti dal 2007
24. Somalia 6.000 morti dal 2006
25. Etiopia (Ogaden) 4.000 morti dal 1994
Europa
26. Russia (Cecenia) 240 mila morti dal 1994
America Latina
27. Colombia 300.000 morti dal 1964

Le schede dei conflitti e gli articoli correlati su www.peacereporter.net

Salute materno-infantile in Mozambico

MOZAMBICO NUOVO PIANO NAZIONALE PER LA SALUTE DI MADRI E BAMBINI
"La morte di una madre costituisce una tragedia familiare e una grande perdita per la comunità, perché la donna è il sostegno morale ed economico della familia e della comunità": lo ha detto il presidente Armando Guebuza presentando una nuova iniziativa su scala nazionale per salvaguardare la salute di madri e bambini. "In Mozambico ogni giorno 11 donne muoiono per complicazioni legate alla gravidanza, mentre il tasso di mortalità infantile è di 178 decessi ogni 1000 nati", tra i più alti al mondo, ha sottolineato il presidente, aggiungendo: "Il nostro obiettivo entro il 2015 è dimezzare questi dati", una meta in linea con gli Obiettivi del Millennio stabiliti dall’Onu. L’iniziativa voluta dal governo partirà con una serie di incontri con professionisti della sanità, studenti, donne ed esponenti religiosi: tutti potranno esprimere le loro valutazioni sulle priorità per assistere più efficacemente madri e bambini, a partire dal miglioramento delle condizioni di lavoro nel settore sanitario. Guebuza ha ricordato che il tasso di mortalità materna è l’indicatore che più di altri mette in evidenza il divario tra i paesi sviluppati e in via di sviluppo.
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1. Eradicate extreme poverty and hunger
2. Achieve universal primary education
3. Promote gender equality and empower women
4. Reduce child mortality
5. Improve maternal health
6. Combat HIV/AIDS, malaria and other diseases
7. Ensure environmental sustainability
8. Develop a global partnership for development

mercoledì 20 febbraio 2008

Il simbolo della pace compie 50 anni




Il 21 febbraio 2008 compie cinquant’anni il simbolo della pace, composto da una linea verticale e due linee inclinate verso il basso, inscritte in un cerchio.
Il primo 'Vessillo di pace' fu disegnato negli anni '30 dall'artista visionario Nicholas Roerich come emblema della volontà di elevare la cultura umana al di sopra della guerra. Nel novembre del 1933 si tenne il Terzo Convegno Internazionale sulla Bandiera della Pace di Roerich, che rappresentò un punto di svolta e che portò all’approvazione del patto che venne in seguito conosciuto come il “Patto Roerich”. In sostanza si obbligava le nazioni a rispettare i musei, le università, le cattedrali e le biblioteche come si faceva per gli ospedali. Mentre gli ospedali in tempo di guerra esponevano la bandiera della Croce Rossa, le istituzioni culturali avrebbero esposto la “Bandiera della Pace”, cioè tre sfere color magenta inscritte in un cerchio dello stesso colore su sfondo bianco. Il 15 aprile 1935, Roerich finalmente vide la nascita di un trattato consistente in un patto firmato alla Casa Bianca da rappresentanti degli Stati Uniti e di altre venti nazioni dell’America Latina.







Ma il simbolo che tutti conosciamo, il cerchio che inscrive una linea verticale e due oblique, nasce in Gran Bretagna nel 1958 come simbolo della CND (Campaign for Nuclear Disarmement), organizzazione pacifista che aveva tra i suoi promotori il filosofo Bertrand Russell (1872-1970). Il primo utilizzo pubblico del simbolo risale infatti alla marcia di Aldermaston, località sede di una base militare e di una fabbrica di armi nucleari, in Inghilterra, come descritto in un articolo sulla manifestazione dal ‘Manchester Guardian’. A inventare il simbolo, che è riuscito a imporsi sul suo più diretto concorrente, la colomba della pace di Picasso, è stato Gerald Holtom. Obiettore di coscienza durante la Seconda guerra mondiale, decisione non scontata per quei tempi, Holtom, al termine del conflitto si avvicinò al CND diventandone presto attivista. Ai membri dell’organizzazione propose uno strano logo disegnato, qualche tempo prima, in nome della pace. L’idea nacque dopo aver studiato l’opera di Francisco Goya sui popolani madrileni fucilati dalle truppe di Napoleone.



In particolare, la sua attenzione cadde su due personaggi: uno morto con le braccia abbassate e un altro vivo con le braccia alzate.
I was in despair. Deep despair. I drew myself: the representative of an individual in despair, with hands palm outstretched outwards and downwards in the manner of Goya’s peasant before the firing squad. I formalised the drawing into a line and put a circle round it.
Stilizzando tali posizioni e ispirandosi alla gestualità che i marinai utilizzano per comunicare a distanza tramite le bandierine (la lettera ‘N’ di ‘nuclear’, indicata dalla linea verticale, la lettera ‘D’ di ‘disarmament’, corrispondente alle linee inclinate, e il cerchio che rappresenta la parola ‘globale’), realizzò il simbolo della pace che i pacifisti inglesi riprodussero durante le marce da Londra ad Aldermaston.
Proprio nel 1958 vennero realizzati i primi distintivi in ceramica con il simbolo della pace. Oggetti che furono distribuiti con un foglietto ‘di istruzioni’ nel quale si spiegava che in caso di disastro atomico quello sarebbe stato uno dei pochi manufatti umani a restare integro. Alle marce tra Londra e Aldermaston parteciparono molte persone tra cui un collaboratore di Martin Luther King, Bayard Rustin, che, affascinato dall’idea, ’esportò’ il simbolo negli Stati Uniti dove venne adottato dagli attivisti per i diritti civili. Nella metà degli anni ‘60, comparve nelle dimostrazioni contro la guerra del Vietnam, dipinto sulle bandiere americane, sui vestiti dei contestatori e persino sugli elmetti dei militari impegnati al fronte, oltre che su milioni di spille, magliette, affiancato allo slogan “Fate l’amore non fate la guerra”, mobili e tessuti di arredamento, portaceneri, asciugamani. Nello stesso periodo, ‘sponsorizzate’ dalle chiese fondamentaliste americane, nacquero leggende circa supposte origini sataniche del simbolo, visto che con molta fantasia lo si può interpretare come una croce spezzata, nonostante le origini e l’idea dietro il simbolo erano ben descritte in lettere e interviste. Sebbene disegnato per il movimento anti-nucleare, non è mai stato coperto dai diritti d’autore. Nessuno deve pagare per usarlo. La CND chiede solamente un contributo come donazioni a chi volesse usarlo per fini commerciali. Tutto il denaro ricevuto viene utilizzato per la campagna di informazione/sensibilizzazione della CND.

Bush in Africa?

“È il presidente – putativo - del mondo, capo mobilitatore di ‘al Qaida’ e santo patrono, senza vergogna, del terrorismo di stato”: questo è George W. Bush, almeno in un corposo e ironico editoriale di Tajudeen Abdulraheem intitolato “Dando il benvenuto nel continente a Bush” pubblicato dal quotidiano nigeriano ‘Daily Trust’, alla vigilia dell’arrivo del presidente americano in Africa, per un viaggio ufficiale che, dopo Benin e Tanzania, lo porta fino al 21 febbraio in Ghana, Rwanda e Liberia. La visita viene letta da una parte della stampa internazionale - soprattutto quella anglofona ma anche molti dei mezzi di informazioni di altre lingue - quasi esclusivamente in chiave “umanitaria”, sottolineando l’impegno contro la malaria (per cui Washington avrebbe concesso un prestito di quasi 700 milioni di dollari al governo tanzaniano), la sindrome da immunodeficienza acquisita (sida/aids) e, più genericamente, la povertà. In realtà, come scrive oggi il “New York Times”, nella migliore delle ipotesi la Casa Bianca “spera di utilizzare il viaggio in Africa per dare una lucidata all’immagine di Bush ‘conservatore compassionevole’, ricordando, non solo agli africani ma anche agli americani, che la sua amministrazione ha fatto anche altro oltre alla controversa guerra in Iraq”. L’inviato del quotidiano di New York sottolinea comunque che, nonostante la protesta di alcune migliaia di persone a Dar el Salaam, il presidente americano ha ricevuto al suo arrivo “un caloroso benvenuto”; l’agenzia di stampa inglese ‘Reuters’ riferisce addirittura di vere e proprie “scene di adulazione” nei confronti di un presidente definito “impopolare a casa e in gran parte del pianeta”. Un benvenuto che Abdulraheem, nel suo editoriale sul ‘Daily Trust’, ricollega soprattutto alla “generosa cultura dell’accoglienza africana” aggiungendo: “Vorrei avere il potere di fermare il presidente americano e farlo desistere dal suo viaggio. I problemi che vengono causati agli africani in occasione della visita di un presidente statunitense non sono pochi; i nostri inefficienti stati vanno in fibrillazione, così come le nostre egregie ‘first ladies’ e i loro mariti che si dannano per dimostrare la loro ospitalità…i paesi ‘scelti’ faranno di tutto per dargli un’accoglienza che non potrà dimenticare. Per loro, infatti, la visita di un presidente degli Stati Uniti è un incredibile colpo da un punto di vista politico e diplomatico e, soprattutto, dimostra ai loro ingrati cittadini quanto le loro guide siano importanti”. L’editorialista nigeriano elenca poi i morivi retrostanti la scelta delle tappe di questo viaggio: la Tanzania sarebbe, infatti, l’unico partner presentabile nel Corno d’Africa in un momento in cui il “Kenya è impegnato ad autoinfliggersi enormi ferite e l’Uganda è diventata meno di moda”; il Rwanda, storico alleato politico e militare di Washington e Londra in una zona d’influenza francofona, è “probabilmente il paese meglio governato e lo stato più efficiente del continente (ma non per questo il più democratico!)”; il Ghana “vive un prolungato cinquantesimo anniversario della sua indipendenza”; mentre in Liberia, un paese che secondo Abdulraheem “a volte sembra più uno stato mancante degli Stati Uniti che uno stato africano indipendente ”, Bush “incontrerà più neo-cons che nel suo stesso circolo”. Abdulraheem non riesce a trovare però nessuna spiegazione alla visita di Bush in Benin, un paese che, insieme a Mali, Burkina Faso a Ciad, dal 2003 è impegnato in sede internazionale - Organizzazione per il commercio mondiale (Omc/Wto)- in una battaglia contro Washington per i sussidi garantiti ai produttori nordamericani di cotone. La tappa in Benin, durata appena tre ore, la spiega però il ‘New York Times’: il breve scalo a Porto Novo (che comunque è valso a Bush il titolo di primo presidente americano in visita in questo piccolo paese dell’Africa occidentale) è servito a “fare il pieno all’Air Force One”. L’ironia dell’editorialista nigeriano non è l’unico contrappunto ai resoconti giornalistici sulla natura “umanitaria” del viaggio: l’agenzia di stampa francese ‘Afp’indica, “in filigrana” tra le voci dell’agenda di Bush, il petrolio, la ricerca di una sede per Africom - il nuovo comando militare americano per l’Africa che il continente ha già fatto capire chiaramente di non volere - e la competizione con Pechino. L’iperattività a livello commerciale, industriale e politico del gigante asiatico sta infatti scardinando in molti paesi africani vecchi meccanismi di sudditanza, ereditati dell’antico sistema coloniale o dagli assetti geo-politici della guerra fredda. È sempre l’Afp, poi, a ‘smontare’ alcune delle motivazioni “umanitarie” della visita di Bush, spiegando che l’Agoa (Africa growth and opportunity act), ovvero il sistema di privilegi commerciali garantito fino al 2015 da Washington ai paesi africani giudicati meritori e che permette l’ingresso negli Stati Uniti di alcuni prodotti commerciali senza alcun dazio, è in realtà inapplicato visto che il 90% delle importazioni americane dall’Africa è costituito dal petrolio. Un discorso simile anche per il Pepfar (President’s emergency plan for Aids Relief), il miliardario programma di aiuti contro la sindrome lanciato dallo stesso Bush cinque anni fa e ‘rinfrescato’ in questo viaggio ma che, come sottolinea l’agenzia di stampa internazionale Ips, è stato, con il passare degli anni, sempre più criticato dagli operatori del settore a causa delle priorità individuate per i finanziamenti. Tallel Bahoury, sulle colonne del principale portale economico tunisino, conclude: “Povera Africa! ieri teatro della guerra fredda tra est e ovest e oggi ancora al centro di una competizione internazionale…per le sue risorse”.
(a cura di Massimo Zaurrini)
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Alluvioni Mozambico

MOZAMBICO
DOPO LE INONDAZIONI, DECINE DI VITTIME PER MALATTIE
Insalubrità, malattie intestinali e colera hanno causato da gennaio il decesso di decine di persone tra gli sfollati già vittime delle inondazioni delle ultime settimane. Il ministero della Sanità mozambicano ha fornito oggi un bilancio di circa 50 persone decedute per epidemie di colera, che avrebbe contagiato oltre 4300 persone in otto delle 11 province del paese, inclusa la capitale Maputo . "Il colera è una delle nostre più grandi sfide e la malaria è una minaccia" ha detto un portavoce del ministero. Secondo l’organizzazione Medici senza frontiere (Msf), che opera nel paese, la città più colpita dalle conseguenze sanitarie della alluvioni è Tete, nel nord-ovest, dove si contano almeno 64 decessi e 834 casi di malattia intestinale a causa delle conseguenze delle inondazioni e della mancanza di un’adeguata bonifica. Nel paese, circa 200.000 abitanti sono stati evacuati e oltre 100.000 hanno trovato rifugio in campi profughi, mentre le autorità locali hanno in questi giorni aperto le paratoie di piena a Kariba (nord) per far scorrere il flusso verso il lago Cahora Bassa.
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venerdì 15 febbraio 2008

Carril de Peixe

Un ringraziamento a Silvia, da qualche tempo giunta a Beira!

Carril de peixe
(Tentativo N°1)




Ingredienti
per 3 persone:
3 filetti di pesce
farina qb
olio da frittura
sale
1 cipolla
2 spicchi d’aglio
5 - 6 pomodori medi
peperoncino
2 noci di cocco
1 cucchiaio da the di curry
mezza radice di zenzero
2 bicchieri di riso

Preparazione del latte del cocco:
Aprire il cocco, possibilmente senza spaccare le piastrelle della cucina (preferibile farlo in giardino). Si può utilizzare un “comune” machete (e chi non ce l’ha in casa?). Allontanate donne e bambini dai paraggi.



Raschiate la polpa del cocco con il tipico RALO mozambicano, stando attenti a non sguarrarvi la mano. Aggiungete alla polpa sminuzzata una tazza di acqua tiepida e lasciate riposare. Successivamente frullate la polpa per renderla omogenea. Scolate il composto così ottenuto con un colino.

Se non avete un colino e gli unici ad averlo nei paraggi sono i vostri vicini che stanno dormendo, potete girare una confezione grande di yogurt e praticarvi dei fori con una spilla; questa operazione potrebbe richiedere una quindicina di minuti (da considerare nel tempo di preparazione!!).



Preparazione pesce:
Tagliare i filetti di pesce a pezzi (senza pelle) e passarli nella farina. Passarli in padella con olio.

Preparazione sugo:
Soffriggere aglio e cipolla. Aggiungere i pomodori sminuzzati. Aggiustare di sale, curry e zenzero. Cuocere a fuoco basso. Verso la fine della cottura aggiungere una tazza di latte di cocco e il pesce precedentemente preparati.

Preparazione riso (alla brasiliana):
Soffriggere aglio e cipolla, aggiungere il riso (tipo basmati), aggiungere 1 bicchiere d’acqua per ogni bicchiere di riso, aggiungere sale. Cuocere fino a quando l’acqua non sarà completamente evaporata. Servire tiepido.

Commento:
Questa non è la tipica ricetta mozambicana per il Carril de Peixe; abbiamo provato a farla sulla base di qualche indicazione che ci hanno dato; il risultato è stato buono, ma non era il vero Carril. Vedremo i prossimi tentativi...

Quesito della Susy - SOLUZIONE!!



SOLUZIONE:
Trattasi del tipico RALO mozambicano, utensile per grattuggiare (RALAR in portoghese) la polpa del cocco e ricavarne il latte di cocco utilizzato per numerose ricette locali. La donna mozambicana (l'uomo giammai!!) si siede/inginocchia sul piano di appoggio e gratta il cocco (precedentemente aperto in due metà) contro il seghetto. Sul ripiano più in basso si appoggia un contenitore per raccogliere il frutto di tanto sbattimento!





VINCITORE DEL CONCORSO:

Nessuno!

PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA a
PDX:
oggetto semiportabile per karakiri dolorosissimo. sedutosi di fronte alla sega circolare, il soggetto si raschia lo sterno fino a sopraggiunta morte.

Malaria

ONU
Nominato un inviato speciale per sconfiggere la malaria
Per la prima volta le Nazioni Unite hanno nominato un inviato speciale per contrastare la malaria. Lo statunitense Ray Chandler è stato scelto dal segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon per sensibilizzare i politici e l’opinione pubblica su una malattia che in Africa uccide due bambini ogni minuto e che su 500 milioni di casi stimati all’anno nel mondo provoca la morte di un milione di persone. Fino a oggi l’Onu aveva un inviato speciale per la Sindrome da immunodeficienza acquisita (Sida/Aids) e per la tubercolosi, ma non per la malaria. Chandler, fondatore dell’associazione umanitaria “the Points of light foundation” e cofondatore, con l’ex generale Colin Powell, dell’organizzazione “America’s Promise – the alliance for youth”, ha assicurato il massimo impegno per raccogliere tra gli 8 e i 10 miliardi di dollari da investire nella lotta alla malaria. In attesa di un vaccino o di cure più efficaci, ottimi risultati negli ultimi anni sono stati ottenuti con la distribuzione di zanzariere trattate. La malaria è responsabile del 2% delle morti nel mondo e del 9% in Africa.
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Mortalità infantile in Mozambico

MOZAMBICO
Diminuisce la mortalità infantile, SIDA/AIDS resta una minaccia
Il numero dei bambini al di sotto dei cinque anni uccisi da malattie e fame è diminuito notevolmente nell'ultimo decennio: secondo il rapporto 'Donatori per il Mozambico 2007' diffuso dall'Unicef, nel 1990 morivano 235 bambini su 1000 prima di conseguire il quinto anno di età; oggi ne muoiono 140. Sebbene il dato rappresenti un miglioramento significativo rispetto ai primi anni '90, si tratta comunque di morti evitabili dovute a "malattie prevenibili e curabili come la malaria, malattie respiratorie, dissenteria e malattie vaccinabili". Le più grandi minacce, prosegue il rapporto, restano il virus da immunodeficienza umana (viu/hiv) e la sindrome da immunodeficienza acquisita (sida/aids): colpiscono circa 100.000 bambini sotto i 15 anni e sono la causa del 17% delle morti dei bambini al di sotto dei cinque. "L'epidemia sembra essersi stabilizzata nella regione centrale, mentre continua a espandersi in quella meridionale e resta stabile in quella settentrionale" si legge nel rapporto. Progressi sono stati conseguiti invece verso il conseguimento del quinto Obiettivo di sviluppo del millennio: il tasso di mortalità materna è sceso a 408 su 100.000.
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giovedì 14 febbraio 2008

Coppa d'Africa 2008 La finale!


Coppa d'Africa
Ha vinto la squadra più forte
L'Egitto ha conquistato con pieno merito la 26a edizione della Coppa d'Africa, bissando il successo di due anni fa e confermando sul campo di essere la squadra più forte nel continente africano La storia in Africa ama spesso guardarsi allo specchio. Lo sa bene l'Egitto, re della 26a Can esattamente come 2 anni prima. Stesso percorso netto (5 vittorie e 1 pareggio), stesso epilogo (in finale contro un'avversaria già sfidata e battuta nel girone). E stesso giustiziere: Mohammed Abou Terika, il faraone dell'Al Ahly, decisivo col Camerun, così come lo era stato al Cairo, segnando il rigore finale alla Costa d'Avorio. Allora, per tutti, aveva vinto solo il paese organizzatore. Che stavolta, invece, ha dimostrato all'Africa intera di essere semplicemente il più forte di tutti. Più squadra, con quel calcio di stampo europeo, un mix di tecnica e velocità sprigionate in letali contropiedi. Con un portiere vero (El Hadary) il che, nel calcio del continente nero, non è affatto un dettaglio. E stelle nascenti come Hosni (miglior giocatore della Can), 23enne centrocampista tornato a giocare in patria dopo una sfortunata esperienza in Francia allo Strasburgo. Presto farà di nuovo ritorno nel vecchio continente, dove già brilla la stella dell'istrionico Mohamed Zidan, attaccante dell'Amburgo e vicecapocannoniere della Coppa alle spalle di Eto'o. Già, Eto'o. Anche in Ghana è rimasto all'asciutto dai quarti in poi, dopo un girone devastante con 5 gol in 3 gare. Ma il suo Camerun, stavolta, ha fatto davvero il massimo. Non erano favoriti, i Leoni indomabili. Sono arrivati comunque fino in fondo. Merito del cuore dei veterani (Rigobert Song e Geremi) ma anche dell'orgoglio delle nuove leve (Alexadre Song e Kameni). Ancora una volta la storia ha imposto una squadra dimenticata dai pronostici. Non è stata infatti la Can della strafavorita Costa d'Avorio di Drogba, escluso persino dall'11 ideale, dopo la controversa assegnazione del pallone d'Oro al maliano Kanoutè. E non è stata nemmeno la Can del Ghana, delusione come tutto il calcio dell'Africa occidentale. Presentatosi con 5 potenziali vincitrici e rimasto con le briciole in mano, il terzo posto di Essien e compagni. E' stata invece la Can del Ghana a livello organizzativo. Stadi pieni, arbitri impeccabili, nessun incidente, una festa lunga 20 giorni, culminata con la suggestiva cerimonia finale. Segno che l'Africa è cresciuta, è finalmente matura. E' pronta a vivere da protagonista il 2010. Il suo anno: con la Can in Angola e il mondiale in Sud Africa.
La Redazione di Eurosport

al di la del commento tecnico sulla partita (Egitto più forte o no, io tifavo per il Camerun, che qui chiamano Camarões: gamberetti!), quella della finale è stata una serata “interessante”. Io e il mio vicino di casa tedesco siamo andati ad assistere al match in un locale con maxischermo, il famoso, o meglio, famigerato MiraMar, ristorante/bar sul lungomare di Beira, frequentato abitualmente da mozambicani dal bicchiere facile, prostitute e pallidi espatriati in cerca di una Cooperazione Internazionale “alternativa” (fino ad ora per sentito dire senza prove concrete = illazione, lo ammetto). Arrivo davanti con la macchina, curvo per parcheggiare, e con i fari illumino una coppia che, immagino, sta cercando qualcosa sotto il sedile, e dalla energia che ci mettono penso che deve proprio essere una cosa importante!! Ok, il posto è questo, l’atmosfera è quella giusta. Attraversiamo la terrazza e mille occhi ci osservano; siamo bianchi, molto bianchi, vestiti da muzungu in vacanza, e abbiamo le tasche gonfie di Meticais (moneta locale nda); cosa vorranno da me queste signorine? Sarà il mio fascino di maschio italiano? Beh, vorrei crederlo, anche se per un attimo un brivido di orgoglio macho mi sale lungo la schiena raddrizzando a fatica la mia postura da avvoltoio ipercifotico. La sala col maxischermo è già quasi piena, e fatichiamo per trovare due sedie in fondo alla sala; puntualmente, come nelle migliori tradizioni cinematografiche, davanti a noi si piazzano due enormi donnone, interessate più ai nostri vicini che alla partita, che ci impallano lo schermo, così il mio amico riesce a vedere solo la linea di centrocampo, mentre io posso solo vedere il punteggio (0 : 0) e il tempo (1T : 5° min). E anche la telecronaca non aiuta, essendo l’audio sostituito da musica del tipo: ballata degli Scorpions molto anni ’80 stracciamutande, schitarrata di quel tamarro di Bon Jovi, batteria elettronica con un Michael Jackson prima di diventare bianco, con riccioloni laccati e chiodo. Sicuramente l’ambiente offre più spunti interessanti della partita: tre tiri nello specchio della porta in 90 minuti, e un goal scaturito da una minchiata colossale del difensore gamberetto, che, suppongo, sia stato a lungo “festeggiato” dai compagni negli spogliatoi! Durante l’intervallo tra il primo e secondo tempo mi viene la genialata: chiedo alla cameriera un pollo con patatine, che, immagino, fosse ancora vivo al momento della mia ordinazione, visto che arriva nel mio piatto esattamente 75 minuti dopo (capisco i fanatici di Slow Food, ma mi sembra esagerato!!). Durante il secondo tempo il nostro tasso alcolico, che non è minimamente paragonabile a quello degli altri avventori, ci aiuta ad essere un po’ più sciolti, e iniziamo a commentare la partita con gli altri della Torcida. Inizio con il chiarire che a me piacciono i Camarões, e l’omaccione inizia a stringermi la mano, grandi pacche sulla spalla (ora lussata) ed inizia a chiedermi quali altri piatti mozambicani mi piacciono, e se mi piace anche l’aragosta (misunderstanding I suppose!). Superato il fraintendimento culinario passiamo ad altro più adeguato: football! Ad un tratto mi viene in mente che in Italia siamo tutti allenatori e allora, spinto dal più becero orgoglio nazionalista, inizio a parlare degli ultimi mondiali e ad improvvisarmi CT parlando di moduli, attacco, difesa, catenaccio (catenação?!) con parole prese in prestito dagli amici più esperti in materia. Questa volta ne parlo con lo smilzo (uno degli altri ubriachi), che sembra apprezzare; quando capisce che sono italiano e non portoghese (?!?) comincia ad elogiare il grande cinema italiano di cui era un accanito sostenitore prima dell’arrivo nelle sale di Beira del Kong fu-trash-orientale. E inizia a parlarmi di quanto abbia amato tutti i film di… -Quei due famosi attori italiani…-, -Totò e Peppino?- dico io -No- dice lui - Franco Franchi e Ciccio Ingrassia- -Ah però!- per arrivare agli Spaghetti Western con Giuliano Gemma nei panni di Ringo (insomma all’amico piacciono i classiconi!). La partita scorre monotona, senza particolari colpi di scena, mentre i nostri amici inveiscono contro la povera cameriera che, secondo loro, è troppo lenta a portargli le birre e il pollo che hanno ordinato; mi unisco timidamente al coro di proteste ma niente da fare: i loro spennuti arrivano, il mio ancora no! Ormai in pochi stanno guardando la partita, e solo alcuni timidi applausi accolgono il goal dell’Egitto. I vani tentativi di recupero del Camerun chiudono la partita. Tristemente ci congediamo dai nostri nuovi amici, e andiamo fuori a prendere una boccata d’aria e a tentare di catturare un pollo nel cortile per accelerare i tempi della mia cena. Mentre siamo seduti nella veranda, l’atmosfera cambia rapidamente, le luci si abbassano e partono spots multicolore. Mi allontano per pochi minuti per andare in bagno, e quando torno al mio posto trovo una “signorina” che tenta l’abbordaggio del mio amico che cerca, con un portoghese ancora incerto, di farle capire di non essere interessato, anche se molto onorato della proposta! Decidiamo che per stasera siamo già soddisfatti delle nostre nuove conoscenze e ce ne torniamo a casa; sulla strada del ritorno riviviamo i momenti salienti della serata, ed eleggiamo il MiraMar “Migliore locale di Beira” , appuntamento fisso nelle serate di questo caldo verão em Mozambique.
PS: Il pollo faceva veramente cagare!!

Proteste carburante Mozambico

DOPO PROTESTE, GOVERNO TAGLIA PREZZI CARBURANTE
Il governo di Maputo ha annunciato un taglio dei prezzi del carburante per i minibus privati utilizzati da gran parte della cittadinanza come mezzi di trasporto, per arginare le proteste di piazza dei giorni scorsi contro l’aumento dei costi della vita. “La decisione di ridurre i prezzi del carburante avrà effetto immediato” ha precisato il ministro dei Trasporti Antonio Muguambe, chiedendo alla popolazione di mantenere la calma. L’aumento di circa il 14% del prezzo del carburante (che ora torna a essere venduto al prezzo di circa 1 euro al litro) era stato deciso a gennaio a causa dell’alto prezzo del petrolio sui mercati internazionali. I disordini, durante i quali alcuni facinorosi hanno distrutto dei veicoli e saccheggiato negozi, sono cominciati la scorsa settimana a Maputo e sono ripresi lunedì sera a Chokwe, nella provincia di Gaza. Gli scontri scaturiti dall’intervento della polizia, che aveva cercato di disperdere la folla e riportare l’ordine nelle due città, ha causato in totale quattro morti e un centinaio di feriti.
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Foto tratta da internet (Kenya 2007)

mercoledì 13 febbraio 2008

Ancora sul calcio africano

(Foto tratta dal calendario 2005 della onlus UMUDUFU)


Sognando Eto’o
La carriera di calciatore in Africa? Un mestiere rischioso
scritto per PeaceReporter da Federico Frigerio

Quale giovane africano non sogna di poter raggiungere un giorno la notorietà di Samuel Eto’o, fuoriclasse camerunense del Barcellona? E chi non sarebbe disposto a qualsiasi sacrificio pur di poter guadagnare quello che oggi intasca Didier Drogba, attaccante ivoriano del Chelsea finanziato dal paperone Abramovich? Certo non tutti gli atleti africani sono così fortunati: secondo uno studio dell’università svizzera di Neuchâtel, per un calciatore del continente nero fare carriera si rivela un affare complicato. Analizzando il periodo 2002-2006 e le carriere di 600 professionisti, Raffaele Poli, specialista svizzero delle migrazioni nel mondo del calcio, ha rilevato come solo il 13 percento di questi sia riuscito a migliorare le proprie condizioni economiche, mentre ben un terzo ha letteralmente appeso le scarpe al chiodo, ponendo fine alla propria carriera. Saldi africani. La questione diventa ancor più spinosa se si presta attenzione all’intero meccanismo che riguarda il reclutamento di calciatori provenienti dall’Africa: uno dei punti di snodo principali è il Belgio, nazione in cui i vincoli legali del mondo del calcio sono molto sottili e dove quindi risulta più facile “importare” giovani promesse. Gli agenti trovano in Africa un mercato pieno di manodopera: la garanzia di provini in prestigiosi club europei attira atleti (e le loro disperate famiglie) come mosche. Il calcio diventa spesso lo specchietto per le allodole per organizzare vere e proprie tratte: gli aspiranti calciatori possono essere trasferiti clandestinamente in altre nazioni, costretti a lavorare sotto la stretta vigilanza di sistemi mafiosi. Il desolante immobilismo di molti stati africani non può che favorire tali meccanismi di reclutamento: le famiglie dei giovani considerano la possibilità di un provino in un club europeo come una benedizione, incoraggiano i loro figli e sono disposti a indebitarsi, confidando di poter restituire il tutto una volta che il loro figlio guadagnerà quanto Eto’o. Un semplice visto da turisti è il biglietto da visita con cui questi giovani africani si presentano in Europa. Inizia la serie dei provini e il tempo per poter lasciare una traccia di sé varia dai tre ai sei mesi. Chi fa buona impressione ottiene l’agognato contratto, ma pratica diffusa è quella di far firmare ai giovani atleti due copie: una perfettamente regolare, da consegnare alla federazione calcistica, l’altra, scritta a mano, dove sono indicate le vere condizioni e il reale (e naturalmente più basso) salario. L’Ajax, prestigioso club olandese, è stato multato per 10 mila euro per aver pagato alcuni giocatori africani al di sotto del minimo salariale. Nel caso contrario, una volta terminati i sei mesi molti atleti sono abbandonati a loro stessi.
Uno su mille. I giovani fenomeni africani sono spesso accompagnati nelle ambasciate per far lievitare la loro età, aggirando con piccole bustarelle i regolamenti. Louis Clément Ngwat-Mahop, attaccante che la scorsa stagione militava nel Bayern Monaco, fermato per normali controlli, è risultato in possesso di un passaporto appartenente ad una cittadina francese. Raffaele Poli sintetizza così i passaggi intermedi che permettono agli agenti di trarre profitti sempre più elevati: “Il calciatore africano è una materia prima che deve essere esportata per poter essere rivenduta a un prezzo maggiore. Per far lievitare il prezzo li si fa prima giocare in campionati di serie minori (Romania, Albania), poi di secondo grado (Svizzera, Belgio, Paesi Bassi) per rivenderli infine ai club professionisti”. Jean-Claude Mbvoumin, ex giocatore della nazionale camerunense, ha fondato l’associazione Culture Foot Solidarie per aiutare i giovani calciatori africani che sono stati vittime di imbrogli o di soprusi. Secondo i dati raccolti dalla sua associazione si tratterebbe del 95 per cento dei casi. Gli atleti “scaricati” non possono nemmeno concepire l’idea di tornare nella propria nazione. Il meccanismo psicologico dell’insuccesso spinge chi non ce l’ha fatta a isolarsi, a vivere nell’anonimato: tornare a casa a mani vuote sarebbe, oltre che una vergogna insopportabile, pericoloso per lo stesso atleta. Mbvoumin non vorrebbe più sentire frasi di questo genere: “Se torno a casa i miei genitori mi uccideranno perché non riporterò loro ricchezza e grandi macchine”.
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martedì 12 febbraio 2008

12.02.08 News

AFRICA MERIDIONALE
Zambia e Zimbabwe allertano eserciti per rischio inondazioni
Zambia e Zimbabwe hanno allertato le proprie forze militari per far fronte alle probabili inondazioni causate dalla apertura di una chiusa della diga presente sul fiume Zambezi, che segna il confine tra i due Paesi. L'apertura è necessaria per alleggerire la pressione sulla diga, aumentata dopo che negli ultimi giorni sulla zona si sono abbattute fortissime piogge. Per garantire la massima sicurezza, i due governi hanno anche programmato l'evacuazione di 100mila persone.
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lunedì 11 febbraio 2008

11.02.08 Alluvioni Mozambico


AFRICA
La Nazioni Unite hanno diffuso un appello per raccogliere 90 milioni di dollari di aiuti per le centinaia di migliaia di persone danneggiate dalle alluvioni che recentemente hanno colpito alcuni paesi dell’Africa australe. I governi locali e le agenzie umanitarie stanno facendo in modo che “la crisi non diventi una catastrofe”, dal momento che, spiega una nota, la stagione delle piogge è ancora in corso. I fondi saranno inviati in Malawi, Zambia, Zimbawe e Mozambico, i paesi maggiormente colpiti dal maltempo.
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Mozambique News Agency AIM Reports
Flooding in Zambezi valley set to worsen as floodgates open
The Director of the Mozambican government's relief agency, the National Disasters Management Institute (INGC), Paulo Zucula, has warned that flooding which has hit the Zambezi valley looks set to worsen as heavy rain further upstream works its way down the river basin. Currently 95,278 people have been made homeless, with 150,108 in need of food aid. Zucula was addressing a session of the Disaster Management Coordinating Council on 8 February in the town of Caia on the south bank of the Zambezi. The meeting was chaired by President Armando Guebuza, who has been visiting the province to witness first-hand damage caused by the flooding. Zucula warned that the situation is deteriorating, and further complicated by people returning to their homes as the levels of the rivers fluctuate. Zucula lamented that as a result "some people have had to be evacuated and supported at least twice". Flooding is likely to worsen before the rainy season ends in March. The Kariba dam, on the Zimbabwe/Zambia border on 11 February opened one of its floodgates. This will send a flood surge down the Zambezi and may force the Cahora Bassa dam to increase its discharges, worsening the flooding in the provinces of Manica, Tete, Sofala and Zambezia. "The situation could get much worse", said Zucula, "with increased needs for evacuation and support". He warned against concentrating more on food supply than basic sanitation in the resettlement areas, pointing out that a cholera outbreak could have disastrous consequences. "Lack of hygiene kills many more people than hunger does", he pointed out. He noted that the current floods on the Zambezi are already worse than those of 2001. The floods on the Save and Buzi rivers are the worst since Mozambican independence in 1975, while the flood on the Pungue, west of Beira, is approaching historically high levels. The Zambezi and its largest tributary, the Shire, have bust their banks in a massive fashion, with water spreading out for kilometres in all directions, forming a vast shallow lake, where it is hard to detect the original river bed. Maps of the flooded valley show that the current disaster is approaching the worst-case scenario drawn up by the World Food Programme (WFP). Zucula said the number of people directly affected by the flooding was now 95,278 – this figure refers to those who have lost their homes, and does not include those who have only lost crops. The evacuation operations have kept the death toll low: Zucula said there were now nine confirmed deaths. A further 5,608 people had been affected by localized flooding caused by torrential rains outside of the main river basin. Most of these are in Mogovolas district, in the northern province of Nampula. In terms of other damage, 119 wells and boreholes, and 689 latrines had been submerged. 475 classrooms are under water, affecting over 72,000 pupils. The current estimate for damage to agriculture is that 117,308 hectares of crops have been lost. The number of people requiring food aid – 150,108 – is many more than those living in the resettlement areas. So far, 118,021 of these have benefited from food distribution. The government has approved expenditure of 80.2 million meticais (about $3.4 million) on implementing actions in the INGC contingency plan. But so far only 20 million meticais has been disbursed.

domenica 10 febbraio 2008

Alluvioni in Mozambico

PREMESSA: Beira è lontana dalle zone coinvolte dalle inondazioni e non ci sono particolari problemi dovuti alle piogge.

Dal sito della AIM (Agenzia Informazione Mozambico) del 04.02.08

Nelle prossime settimane verrà aperta una delle chiuse della diga Kariba al confine Zambia/Zimbabwe con cui potrebbe verificarsi un aggravamento della inondazione già in atto nella valle dello Zambesi. La Centrale Idroelettrica di Cahora Bassa dovrebbe riuscire a controllare l’aumento del livello delle acque da Kariba. Circa 10.000 persone sono state trovate il 1° febbraio a Mutarara isolate dalle inondazioni. Lo Zambesi rischia di bloccare il servizio di trasporto dei veicoli su traghetto tra Caia e Chimera nella Zambesia. La INGC sta costruendo un campo in Zambesia per cui necessita di 500 tende, 5 tank di acqua potabile (5000 litri ciascuna), 3 grandi tende da utilizzare come scuola, 4 grandi tende per organizzare un ospedale da campo.

MOZAMBICO: INONDAZIONI; 64 MORTI A TETE PER MALATTIE
MAPUTO 05.02.08

Almeno 835 persone si sono ammalate e almeno 64 di queste sono morte in Mozambico nella sola città di Tete per malattie intestinali legate alle inondazioni, che hanno fatto già una decina di vittime. Lo si apprende da fonti ufficiali, mentre la pioggia non diminuisce e si rischiano nuove inondazioni.
"Dall'inizio delle inondazioni, 835 persono si sono ammalate, vittime di dierrea. Fra queste 64 non sono sopravvissute", ha dichiarato il municipio di Tete, nel centro del Paese africano.
Il ministero della sanità mozambicano tuttavia non è riuscito a stilare un numero esatto di persone malate nelle regioni inondate, ma per il comune di Tete il numero dei morti per malattia in tutto il Paese potrebbe superare il centinaio. "Gli affetti congiunti delle inondazioni, della mancanza di strutture per la purificazione e quindi della cattiva qualità dell'acqua consumata dalla popolazione di Tete sono all'origine di questa epidemia di diarrea".
La pioggia continua intanto a cadere abbondante e il livello del fiume Zambesi a crescere. "La situazione peggiora di giorno in giorno e abbiamo paura di quello che potrebbe succedere con l'aumento della quantità d'acqua dirottata dalla diga di Kariba, nello Zimbabwe", ha dichiarato da parte sua il direttore dell'Istituto per la gestione delle catastrofi naturali mozambicano, Paulo Zucula.
SDA-ATS


Dal DIARIO DEL MOZAMBICO del 08.02.08
ANCORA ALLARME ROSSO NEL CENTRO DEL MOZAMBICO
Le pagine centrali del DIARIO sono dedicate alle alluvioni che dall’inizio del 2008 stanno creando gravi problemi nel centro del Paese. Le zone interessate dal fenomeno sono i distretti di Tambara (provincia Manica), Mutarara (Tete), Morrumbala, Mopeia, Chinde (Zambesia), Chemba, Caia e Marromeu (Sofala). Anche se la situazione sembra ora più stabile, continuerà l’allerta nel mese di febbraio, mese in cui è previsto il picco delle inondazioni. Le previsioni parlano di una situazione peggiore di quella registrata nel 2000 e 2001. Coinvolte varie decine di migliaia di persone che hanno visto distrutte le proprie case e campi; ancora sconosciuto il numero di ettari di campi distrutti. La priorità dell’INGC (Istituto Nazionale Gestione Calamità) è il trasporto della popolazione coinvolta verso zone sicure. Nonostante il livello delle acque del fiume Zambesi si stia abbassando, le operazioni continueranno finché tutti saranno evacuati dalle zone a rischio (per il momento solo il 15% della popolazione a rischio è stato tratto in salvo). Popolazione coinvolta: 280.000 (bilancio preliminare). L’anno scorso 107.000 persone coinvolte dalle inondazioni. Centri di accoglienza: 69 (creati nel 2007).
E’ stato organizzato un ponte aereo per il rifornimento di viveri. Dall’aeroporto di Caia partono tutte le operazioni. Nei campi di accoglienza si stanno creando latrine, è disponibile acqua potabile e si continua a fare educazione sanitaria; questo per evitare il propagarsi di malattie come malaria, colera e infezioni respiratorie. Nella zona del basso Zambesi le acque hanno invaso tre centri (Sanduja, Jardim e Cheregue: circa 9.000 persone); questa è la prova che quelle zone non sono adeguate per accogliere persone; e intanto il bacino dello Zambesi continua a ricevere acque dalla pioggia e dalla scarica della Centrale Idroelettrica di Cahora Bassa.

venerdì 8 febbraio 2008

Finale Coppa d'Africa 2008



Saranno Egitto e Camerun a giocarsi domenica ad Accra la finalissima della coppa d’Africa 2008. Dopo l’eliminazione dei padroni di casa del Ghana, infatti, i campioni in carica dell’Egitto sono riusciti a sconfiggere per 4 reti a 1 anche la favoritissima Costa d’Avorio. Un partita interamente condotta dai ‘Faraoni’, che hanno costretto, per la prima volta dall’inizio della competizione, gli ‘Elefanti’ della Costa d’Avorio a rincorrere un avversario in perenne vantaggio. Dopo il 3 a 1, che stabiliva già un verdetto inequivocabile per la finale, Abutrika ha segnato al 90’ per la quarta volta. Con un gol di Nkong al ventiseiesimo del secondo tempo, il Camerun aveva qualche ora prima sconfitto i padroni di casa del Ghana diventando la prima finalista del torneo. Egitto e Camerun si erano già incontrate nel girone eliminatorio in una partita vinta, per 4 a 2, dai ‘Faraoni’.

venerdì 1 febbraio 2008

01.02.08 Misna News

INAUGURATA A KIGALI LA PRIMA BORSA VALORI
Suonando per la prima volta la campanella ufficiale, un sorridente Paul Kagame ha inaugurato ieri la prima borsa valori del Rwanda. Poco prima di inaugurare la borsa di Kigali, il presidente ruandese Kagame – scrive oggi il quotidiano ufficiale ruandese ‘New Times’ – ha invitato gli imprenditori del paese a formare aziende finanziarie in grado di investire nel nuovo mercato di capitali, aiutando così la crescita dell’economia del paese. La nuova borsa di Kigali è stata lanciata ieri all’Hotel Serena con obbligazioni del Tesoro (un bond di due anni con un tasso di interesse fisso dell’8%) e al portatore (cinque anni al 9%) immesse dal governo e dalla Banca commerciale ruandese (Bcr). Il mercato inizialmente sarà aperto solo a investitori ruandesi, ma in un secondo tempo è previsto anche l’ingresso di capitali stranieri. Dopo aver definito l’apertura della borsa, una “pietra miliare” nella storia del paese, Kagame ha sottolineato che le aziende che vi entreranno a far parte dovranno rispondere a elevati standard di trasparenza e responsabilità.
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