venerdì 5 settembre 2008

Conferenza di ACCRA - 2

Conferenza di ACCRA: un piano per migliorare gli aiuti allo sviluppo
Responsabilità dei paesi destinari degli aiuti, valorizzazione delle risorse interne, moltiplicazione dei soggetti coinvolti, trasparenza e infine 'condizionabilità' degli aiuti: sono i principali argomenti, cui si aggiunge un'attenzione speciale alla cooperazione Sud-Sud, intorno ai quali si sviluppa la "Accra agenda for action", il programma di azione e documento finale del 'Forum ad alto livello sull'efficacia degli aiuti allo sviluppo', svoltosi nella capitale del Ghana, con la partecipazione di rappresentanti politici, funzionari di organizzazioni internazionali e membri della società civile provenienti da oltre 100 paesi. Si tratta dei grandi argomenti su cui si dibatte dal 2003 (con periodici incontri internazionali) quando è iniziato un processo di analisi per armonizzare e migliorare i programmi di aiuti e soprattutto rendere più efficace e razionale la loro applicazione. Argomento divenuto più urgente anche con gli impegni presi con gli 'Obiettivi del millennio', la sui scadenza è solo tra sette anni anni. Ed è proprio la necessità di una razionalizzazione orientata alla valorizzazione delle risorse e dei diritti di autodeterminazione dei paesi in via di sviluppo destinatari degli aiuti che emerge dal documento di Accra, in cui si riconosce che, benchè pochi, alcuni passi avanti sono stati fatti dalla Conferenza di Parigi del 2005, che diede il primo impulso alla soluzione dei problemi e di cui l'incontro di questi giorni è una tappa di valutazione. In cima alle priorità individuate si trova l'esigenza che queste nazioni si mettano alla guida dei programmi di aiuti, stabilendo essi le priorità: un concetto definito 'ownership', responsabilità. "I governi dei paesi in via di sviluppo – si legge come primo punto dopo l'introduzione del documento – prenderranno un più forte controllo delle proprie politiche di sviluppo, che definiranno insieme ai loro parlamenti e alla società civile. I donors li sosterranno rispettando le priorità definite dai paesi, investendo nelle risorse umane e istituzionali di questi, facendo un maggior uso dei mezzi e servizi del paese per realizzare i programmi di aiuti". Ai donors si chiede di aiutare i paesi a fare crescere questa capacità di controllo e gestione trasferendo conoscenze e competenze, invece che ricorrere a personale e strutture internazionali. Per questo la dichiarazione da grande importanza all'uso delle risorse locali (nei paesi ricettori di aiuti) sia in termini di fornitori di materiali che di servizi, oltre che infrastrutture e mezzi, cioè quell'insieme sinteticamente definito 'sistema del paese', sottolieando che finora i donors "non hanno fatto grande uso di esso" nonostante sia noto che "usare il sistema di un paese promuove il suo sviluppo". Pertanto i firmatari del documento convengono che "i donors accettano di usare il sistema del paese come prima opzione nei programmi di aiuto" e se dovessero ricorrere a risorse esterne "spiegheranno con trasparenza i motivi razionali di questa scelta, sottoponendo tale opzione a valutazioni periodiche". Nell' "Accra agenda for action" si chiede così di ridurre sempre più e velocemente il cosiddetto 'tied aid', il meccanismo che lega la spesa di parte degli aiuti nei paesi donatori, nella forma di consulenti, tecnici e fornitori di servizi, e che negli ultimi anni è stato ridotto solo da alcuni ‘donors’. Il documento della conferenza passa poi a valutare il problema del moltiplicarsi dei soggetti nel mondo degli aiuti internazionali, definita anche "frammentazione", che si tratti di grandi agenzie dell'Onu, 'Global funds', nuovi paesi emergenti o l'universo delle organizzazioni non governative andato espandendosi negli ultimi 20 anni. Con tutti questi soggetti, in forme diverse, i problemi sono nel "coordinamento con i programmi dei governi", per evitare "moltiplicazioni" e "sovrapposizioni" di interventi e puntare invece alla "complementarietà" delle azioni. Si richiama anche a un principio generale secondo cui "quando si presenta un nuovo problema a livello mondiale, i donors si assicureranno che siano usati canali di aiuti già esistenti, rafforzandoli se necessario, prima di creare nuovi canali che rischiano di aumentare la frammentazione dei soggetti e complicare il coordinamento degli aiuti nei paesi". Un'enfasi speciale è data alla cooperazione con i paesi a medio reddito: "riconosciamo l'importanza e la particolarità della cooperazione Sud-Sud – sottoscrivono tutti i partecipanti internazionali alla conferenza africana - poichè possiamo imparare dall'esperienza dei paesi in via di sviluppo. Ed incoraggiamo inoltre la diffusione di una cooperazione 'triangolare'". Sul piano della verifica dei risultati, i paesi in via di sviluppo s'impegnano a migliorare modalità e meccanismi di raccolta dati statistici, monitoraggio e coordinamento delle informazioni, con particolare interesse per gli strumenti informatici; miglioramenti per i quali si chiede la collaborazione dei donatori. In questa parte del programma di azione, in cui si parla anche di trasparenza e corruzione, si elencano una serie di modalità che s'intende rafforzare sia in termini di leggi che di buone pratiche – dalle audizioni parlamentari, alla pubblicazione di rapporti finanziari, al miglioramento dell'accesso alle informazioni, alla lotta alla corruzione - precisando che la richiesta di trasparenza è reciproca tra donors e paesi in via di sviluppo, e di entrambi questi soggetti nei confronti dei propri cittadini. In conclusione la dichiarazione tocca l’argomento fondamentale della ‘condizionabilità’ degli aiuti, oggetto di molte critiche, essendo secondo molti il meccanismo attraverso cui i donors più potenti – paesi ricchi e organismi finanziari internazionali – legano gli aiuti allo sviluppo ai propri interessi nazionali. “Continueremo a cambiare la natura della condizionabilità per sostenere la capacità dei paesi in via di sviluppo di guidare i programmi di sviluppo”: è uno degli ultimi paragrafi esposti, in cui si fa riferimento a una maggiore collaborazione e condivisione tra donors e paesi destinatari nella definizione di tali condizioni poste per gli aiuti.
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