Non voglio assolutamente minimizzare il disastro ambientale rappresentato dal "caso Lambro" accaduto nelle scorse settimane. Ma come ci siamo dimostrati sensibili all'ecosistema di casa nostra, nel Delta del Po, così abbiamo il dovere di informarci sui danni ambientali che una multinazionale petrolifera italiana, l'Eni, rischia di provocare in Congo Brazzaville e probabilmente sta già provocando nel Delta del Niger. Infatti l'Eni ha in corso, e in programma, attività in Congo Brazzaville per l'esplorazione delle sabbie bituminose (terreno impregnato da quantità, anche ridotte, di petrolio, la cui estrazione è molto costosa e necessita di tecniche ad alto impatto ambientale). Inoltre, Amnesty International ha presentato un rapporto che indica le precise responsabilità delle compagnie petrolifere attive nel Delta del Niger, tra cui soprattutto la Shell ma anche l'azienda italiana Eni Spa che opera in Nigeria attraverso la consociata Nigerian Agip Oil Company (Naoc).
"Cinque domande all'Eni" è una campagna lanciata da quattro testate giornalistiche indipendenti (Valori, Radio Popolare, Africa e Altreconomia) per chiedere risposte chiare ed esaurienti alla multinazionale petrolifera italiana sulle sue attività in Congo Brazzaville.
Il timore di Amnesty International (che ha pubblicato recentemente un rapporto molto critico sulle compagnie petrolifere che operano in Nigeria, che evidenzia “la povertà, il conflitto, le violazioni dei diritti umani e la disperazione” che hanno portato alla popolazione del Delta del Niger) è che le attività attuali dell'Eni possano provocare in Congo la stessa devastazione occorsa nel Delta del Niger.
[Leggi le domande e l'intero articolo su Unimondo.org]
[Leggi l'articolo su Unimondo.org "Amnesty: tragedia dei diritti umani nel delta del Niger, l'Eni risponda]
[Scarica il Rapporto di Amnesty International "Petrolio, inquinamento e povertà nel Delta del Niger"]
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