Niente da fare. Perso il ritmo.
Penso al Mozambico. Alla spesa al supermercato di Beira. Mai viste cassiere così lente. Ripenso alla prima volta. Appena arrivato da Milano, geneticamente modificato per essere di fretta e correre…SEMPRE! Assisto incredulo alle scene alla cassa. Lunghe file di persone in attesa, in silenzio, non una parola. La cassiera prende la scatoletta, la osserva, cerca il codice, la passa sul sensore. Bip. La appoggia sulla discesa. Prende la forma di pane. Il sensore non funziona. Batte il codice. Sbaglia. Ribatte. Bip. Una flemma disarmante. E tra una lattina di birra e una confezione di pasta, aggiorna la collega sugli ultimi pettegolezzi (fofoca, in Mozambico). La cliente la osserva, impassibile, mentre le bottiglie di refrescos le sfilano sotto il naso. Finito. La signora paga e solamente DOPO aver pagato, comincia lentamente a infilare la merce nei sacchetti, aiutata dalla cassiera. La fila è bloccata. Mini-sacchetti di plastica si accumulano sul ripiano. Nessuno dice qualcosa, nessuno protesta. Rimango esterrefatto. Ora tocca a noi. Mi sistemo in fondo alla cassa. Borsa aperta. Braccio teso. Pronto. In attesa. Arriva una scatoletta. Aspetto. Arriva una confezione di yogurt. Aspetto. Un rotolo di cartadaculo. Aspetto. Un fottuto bip ogni minuto! Mi distraggo. Penso a cosa cucinare la sera. Mi invento qualcosa per passare il tempo. Dispongo tutto alla perfezione. Incastro le scatole in base alla forma: una sorta di tetris tridimensionale (L’amico pdx si divertirebbe un sacco!). Per tentare di accelerare la procedura, strappo di mano i barattoli alla cassiera. Oppone resistenza. Tutto inutile.
Adesso sono a Milano, nel supermercato sotto casa. Da poche ore siamo ritornati dal Mozambico. Stanchi dal viaggio. Disorientati dalle luci e dal delirio pre-natalizio. Ammirati dall’infinita varietà di generi alimentari sugli scaffali. Arriviamo alla cassa impreparati. Affrontiamo la situazione con i nostri nuovi ritmi. Ritardo qualche secondo, non riesco ad aprire i sacchetti. Bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip. Non faccio in tempo a capire cosa sta succedendo, che la cassiera inizia a lanciarmi addosso scatolette, barattoli, prosciutti, detersivi, perfino bottiglie di vetro! Rimango impietrito. Non riesco a starle dietro. Mi affanno nel tentativo di stare al suo ritmo, ma senza successo. Sono schiacciato dalla mia stessa spesa. Inizia ad accumularsi una montagna di roba. Alla cazzo butto dentro ai sacchetti tutto quello che mi capita tra le mani. Manca ancora metà della spesa da sistemare, e già la cassiera mi grida il totale. Colto alla sprovvista cerco goffamente di tirare fuori il portafoglio. Perdo tempo, impacciato dal giubbotto e dai guantoni di lana. La fila rumoreggia. Sento addosso mille sguardi di disapprovazione. Dietro di noi sento lo sbuffare spazientito della vecchiaccia chenonhauncazzodafarenellavitaeproprioallesettediseradevevenirearompereicoglioniame! La cassiera prepara i sacchetti per il cliente successivo. Mi da il resto con una mano, mentre con l’altra ricomincia il folle lancio della spesa.
Infilo in tasca lo scontrino e i soldi accartocciati.
Mi allontano dalla cassa in un bagno di sudore.
Stressato come non mai.
Mi bevo alla goccia una boccetta di lexotan.
Chiamo il mio analista e fisso una seduta per il giorno dopo.
Esco all’aria aperta.
Il freddo intenso mi gela il sudore sulla schiena.
Mi fermo.
Mi guardo attorno.
Respiro.
Siamo tornati.
5 commenti:
bellissimo nella sua tragedia
che comprendo fino all'ultima goccia (di lexotan)... Negli USA ero rimasta folgorata dalle cassiere che le buste te le riempiono loro.
Qui la gente fa la spesa in bici ed il piu' delle volte esce con 2 cose per mano. Pdx sospetta che questo abbia a che fare col loro braccino corto che li spinge a non riempire mai il frigo che' potrebbe succedere qualsiasi cosa che ti impedisca di buttarlo ed allora sarebbero soldi buttati.
che commento sconclusionato. eppure sul tema spesa al supermercato milanese sono ferratissimamente indignata. c'ho ancora il trauma da punti fragola da superare.... ed un altro trauma piu' recente che chiamero il "trauma da cappello peruviano"
tu racconta di comooooooooooooooooooooooooooooooooo!!
bacioni trafelati!!
troppo sconclusionato, ci riprovo:
Pdx sospetta che questo abbia a che fare col loro braccino corto, che li spingerebbe a non riempire mai il frigo, in quanto potrebbe succedere qualsiasi cosa che ti impedisca di CONSUMARE QUANTO HAI STIPATO NEL FRIGO... ed allora sarebbero soldi buttati.
Acuto no?
Ciao squa!! Dove'eri finita?!? Aspettavo un tuo commento. Sì in effetti sulla spesa nel mondo si potrebbe scrivere un saggio!
Comunque non era così sconclusionato, io l'avevo capito anche nella prima versione (mi sa che ha ragione pdx, lui se ne intende di braccino corto!!).
Sono curioso: cos'è il trauma da cappello peruviano?
Un abbraccioooooo
PS Seguirà mail....giuro!!!!!
ma scrivi qui di como
e se non di como almeno di Incoronata, Immacolata... oddio non mi ricordo piu' come si chiamava????
m,e l'hai promesso quel post
appena riesco a staccare ci scrivo un post anche io sul cappello peruviano!!
solo su commissione posso continaure a (s)freggiarmi del "titolo" di (s)bloggher
azz noto ora che il post e' di sabato...
ci ho messo ben 4 giorni a leggerlo, sono proprio impegnatissima eh!
ed infatti ora scappo al corso di taglio e cucitoooooo
ciaooo
http://www.tetrisfriends.com
pdx
Posta un commento