giovedì 24 dicembre 2009
domenica 13 dicembre 2009
Ultime, anzi, ULTIMA dal Mozambico!
Finito, si torna…
…minchia due anni!!!
Bagagli quasi pronti, scatoloni spediti, amici salutati.
Domani si parte per l’Italia. Qualche chilo in meno, molti capelli bianchi in più (quelli che restano).
Contento, perché mi aspettano
la famiglia, con la nonna che fissa il calendario tipo avvento di gesuccristonostrosiniur, gli amici con relativa figlianza, la neve di cianacei, la moto, il salame, il caffé quellobbuono, il gelato, il cinema, l’acqua bevuta dal rubinetto…
…preoccupato per
il freddo, la coda in tangenziale, il delirio collettivo natalizio, la televisione spazzatura, l’intolleranza, il Maledetto e le sue baldracche (ci hanno riso dietro per due anni)…
Lascio il Mozambico e porto con me 10 immagini:
i pescatori che tirano le reti sulla spiaggia
gli studenti di medicina che agitano il diploma
due djembe che suonano, io e João insieme
un caffé con J nella nostra veranda
noi che corriamo in Praça da Independência
un paziente consumato dall’AIDS che tenta di alzarsi dal letto pieno di piscio
il nostro gattino Moz sdraiato con noi nel lettone
la spesa al mercato il sabato
una colonna di furgoni carichi di persone, l’ennesimo corteo funebre
le grigliate di pesco fresco a Savane
Até a próxima Moçambique, estamos juntos!!
…minchia due anni!!!
Bagagli quasi pronti, scatoloni spediti, amici salutati.
Domani si parte per l’Italia. Qualche chilo in meno, molti capelli bianchi in più (quelli che restano).
Contento, perché mi aspettano
la famiglia, con la nonna che fissa il calendario tipo avvento di gesuccristonostrosiniur, gli amici con relativa figlianza, la neve di cianacei, la moto, il salame, il caffé quellobbuono, il gelato, il cinema, l’acqua bevuta dal rubinetto…
…preoccupato per
il freddo, la coda in tangenziale, il delirio collettivo natalizio, la televisione spazzatura, l’intolleranza, il Maledetto e le sue baldracche (ci hanno riso dietro per due anni)…
Lascio il Mozambico e porto con me 10 immagini:
i pescatori che tirano le reti sulla spiaggia
gli studenti di medicina che agitano il diploma
due djembe che suonano, io e João insieme
un caffé con J nella nostra veranda
noi che corriamo in Praça da Independência
un paziente consumato dall’AIDS che tenta di alzarsi dal letto pieno di piscio
il nostro gattino Moz sdraiato con noi nel lettone
la spesa al mercato il sabato
una colonna di furgoni carichi di persone, l’ennesimo corteo funebre
le grigliate di pesco fresco a Savane
Até a próxima Moçambique, estamos juntos!!
venerdì 11 dicembre 2009
martedì 8 dicembre 2009
Laurea 2009
Sabato in università si è svolta la cerimonia per la consegna dei diplomi. 21 giovani medici si riverseranno sul vasto territorio mozambicano, nel tentativo di arginare la grande mancanza di personale sanitario qualificato, soprattutto nei distretti più lontani dalle grandi città.
Finalmente si sono laureati i ragazzi che ho seguito in reparto dal primo giorno in cui sono arrivato in Mozambico, nel settembre 2007. Purtroppo il mio cuore di ghiaccio mi ha impedito di emozionarmi, ma devo dire che è stato molto bello vedere "i miei bambini" raggiungere un traguardo tanto importante. E bello è stato vedere la felicità dei famigliari, e leggere l'orgoglio nei loro occhi.
domenica 6 dicembre 2009
UMUDUFU 2010
Ciao a tutti,
anche per il 2010 abbiamo realizzato un CALENDARIO tutto dedicato al Rwanda,
per raccogliere fondi...per conoscere...
per guardare...per riflettere...
per colorare una stanza...per accorciare le distanze...
per segnare un impegno...per confrontare...
per festeggiare...per ricordarsi...
Fateci sapere quante copie volete per voi e da diffondere !!
Trovate il calendario anche presso le botteghe del commercio equo di AltroSpazio : www.altrospazio.it/orari_di_apertura_botteghe_altrospazio
Grazie di cuore. Murakoze Cyane!
Mariko
lunedì 30 novembre 2009
Mozambico!!
...appena rientrati in Mozambico dopo tre giorni consecutivi di viaggio. Solo oggi una bella decina di ore di bus da Tete a Beira...stanchi!!!
Nei prossimi giorni (dopo dormite ad oltranza) qualche foto del viaggio.
A metà dicembre si torna (definitivamente?) in Italia!
A presto
Nei prossimi giorni (dopo dormite ad oltranza) qualche foto del viaggio.
A metà dicembre si torna (definitivamente?) in Italia!
A presto
martedì 17 novembre 2009
Malawi n.1
...in fondo me lo sono meritato...
dopo il post da sbruffone in cui mi rilassavo nella stupenda Zanzibar, sono stato ripagato con tre giorni di viaggio "pesantini":
primo giorno:
in minibus dalla spiaggia di paje a stone town
mega-camminata nei vicoli della cittadina sotto il sole a picco
la stessa sera al porto per prendere il traghetto notturno per Dar es Salaam, partenza alle 22
secondo giorno:
arriviamo alle 6 nel porto di Dar dopo la notte passata su un materassino
corsa in taxi fino alla stazione degli autobus dove saltiamo sul primo bus per Mbeja, verso il Malawi
partenza alle 7.30
alle 10.30 rottura del bus e attesa di un'ora per il cambio mezzo
attraversiamo dei paesaggi stupendi, come la baobab valley, una vallata con infiniti baobab uno dopo l'altro...peccato il mal di testa e il culo rotto!
arriviamo a Mbeja alle 20.45, stravolti, e ci infiliamo nel primo motel davanti alla stazione, dove sveniamo sul letto
terzo giorno:
alle 7 di nuovo in stazione
partenza alle 7.30 con minibus verso il confine con il Malawi
dopo 5 ore per fare cento chilometri (!) ci lasciano a 700 metri dal confine, e non all'ufficio dell'immigrazione come avevano promesso. Faccio la mia prima scenata in italiano al conducente, con tanto di fanculo gesticolato e dito medio alzato al passaggio del minibus (azzardo!!)
camminiamo zaini in spalla sotto il sole di mezzogiorno, mi partono sacramenti ad ogni metro
dopo le pratiche burocratiche entriamo finalmente in Malawi
corsa in taxi (l'unico mezzo disponibile) fino a Karonga, il primo villaggio a 45 Km di distanza
arriviamo alla stazione degli autobus e saltiamo sul primo minibus che ci porta a destinazione, a Chitimba, nel nord sulla riva del lago Malawi
camminiamo per dieci minuti sotto il sole carichi come muli e raggiungiamo un campeggio sulla spiaggia...finalmente!!
Ci rilassiamo nella veranda del baretto sulla spiaggia e leggiamo sui comodi divanoni.
Tutto perfetto fino a quando, poco prima di cena, non udiamo un rumore di camion. Ci guardiamo perplessi ma con uno strano presentimento...
...ci giriamo e vediamo arrivare un camion carico di...overlander...nooooo!!!!!! Di nuovo!!!!! Solo che questa volta sono tutti dei vecchietti arzilli e beoni con un camion tutto rosa!
Alla prossima...
dopo il post da sbruffone in cui mi rilassavo nella stupenda Zanzibar, sono stato ripagato con tre giorni di viaggio "pesantini":
primo giorno:
in minibus dalla spiaggia di paje a stone town
mega-camminata nei vicoli della cittadina sotto il sole a picco
la stessa sera al porto per prendere il traghetto notturno per Dar es Salaam, partenza alle 22
secondo giorno:
arriviamo alle 6 nel porto di Dar dopo la notte passata su un materassino
corsa in taxi fino alla stazione degli autobus dove saltiamo sul primo bus per Mbeja, verso il Malawi
partenza alle 7.30
alle 10.30 rottura del bus e attesa di un'ora per il cambio mezzo
attraversiamo dei paesaggi stupendi, come la baobab valley, una vallata con infiniti baobab uno dopo l'altro...peccato il mal di testa e il culo rotto!
arriviamo a Mbeja alle 20.45, stravolti, e ci infiliamo nel primo motel davanti alla stazione, dove sveniamo sul letto
terzo giorno:
alle 7 di nuovo in stazione
partenza alle 7.30 con minibus verso il confine con il Malawi
dopo 5 ore per fare cento chilometri (!) ci lasciano a 700 metri dal confine, e non all'ufficio dell'immigrazione come avevano promesso. Faccio la mia prima scenata in italiano al conducente, con tanto di fanculo gesticolato e dito medio alzato al passaggio del minibus (azzardo!!)
camminiamo zaini in spalla sotto il sole di mezzogiorno, mi partono sacramenti ad ogni metro
dopo le pratiche burocratiche entriamo finalmente in Malawi
corsa in taxi (l'unico mezzo disponibile) fino a Karonga, il primo villaggio a 45 Km di distanza
arriviamo alla stazione degli autobus e saltiamo sul primo minibus che ci porta a destinazione, a Chitimba, nel nord sulla riva del lago Malawi
camminiamo per dieci minuti sotto il sole carichi come muli e raggiungiamo un campeggio sulla spiaggia...finalmente!!
Ci rilassiamo nella veranda del baretto sulla spiaggia e leggiamo sui comodi divanoni.
Tutto perfetto fino a quando, poco prima di cena, non udiamo un rumore di camion. Ci guardiamo perplessi ma con uno strano presentimento...
...ci giriamo e vediamo arrivare un camion carico di...overlander...nooooo!!!!!! Di nuovo!!!!! Solo che questa volta sono tutti dei vecchietti arzilli e beoni con un camion tutto rosa!
Alla prossima...
sabato 7 novembre 2009
Tanzania n.1
...troppo difficile riassumere e poco tempo...
Siamo a Zanzibar e ce la godiamo!!!
Alla prossima...
Siamo a Zanzibar e ce la godiamo!!!
Alla prossima...
sabato 24 ottobre 2009
Ottomani in Africa
Forse non tutti sanno che: in Kenya...
... le giraffe corrono a rallentatore
... gli elefanti anziani hanno la quinta gamba
... il leone e la leonessa stanno insieme solo in luna di miele e poi nascondono bene i piccoli nella savana. La leonessa non solo si sbatte a cacciare, ma mangia pure per ultima... hai capito u liune?
... il cercopiteco verde ha le palle azzurre
... il rinoceronte bianco... è grigio
... gli ippopotami sono dei pistolotti noiosissimi
... i Masai sono vestiti alla scozzese
... ci sono gli scaldabagni a legna
... gli overlanders sono molesti e caciaroni
... per pagare e morire c'è sempre tempo
... l'equatore non è uno solo
... ad ogni equatore un tipo con l'acqua nella brocca cerca brocchi cui mostrare l'esistenza della forza di Coriolis (sappiate che è una bufala, se volete dettagli chiedeteli a 1001, lui sa)
... (ed altrove) sarebbe meglio non mettere l'ossidiana in tasca insieme all'orologio, regalo della suocera
... durante un safari, se non ti assicuri bene al gippone puoi anche ruzzolare giù
... anche perchè durante un safari la tentazione di rientrare nella catena alimentare è forte (parola di lonley planet, edizione inglese)
In Kenya ed altrove:
... si scrive un blog anche per se stessi
... chuva de ideas è chuva de ideas
firmato: G4
1001
Gianmuga
J
Squa
martedì 13 ottobre 2009
Madagascar n.5
Nosy Be: normalmente assediata dai turisti, soprattutto italiani e francesi. Sfortunatamente per il turismo malgascio, ma fortunatamente per noi, quest'anno anche questa famosa isola ha risentito della crisi politica. Sono molti i locali chiusi. Affittiamo un motorino e facciamo un giro per vedere le spiagge più belle. Alla fine ci fermiamo nella spiaggia di Andilana, famosa per la sua bellezza. Il paesaggio è il classico da cartolina dei tropici. Molto suggestivo. Camminiamo su una piccola lingua di sabbia in mezzo al mare. Il colore del mare è incredibile. Tutto perfetto, fino a quando raggiungiamo l'estremità della spiaggia. Davanti a noi si staglia un enorme e terribile mega-albergo-villaggio-turistico. Dall'altissimo-parlante ci arrivano le grida italiane degli animatori che tentano di far fare un po' di movimento ai soliti rincoglioniti. Davanti al quasi-eco-mostro gruppetti di turisti. Tutti italiani. Più di quanti ne abbiamo visti nelle precedenti settimane. Arrivano qui con un volo diretto da Milano. E qui si fermano. Ci allontaniamo velocemente prima di essere bloccati in un gioco-aperitivo.
Il giorno seguente arriviamo in piroga alla vicina e più tranquilla isola di
Nosy Komba: arriviamo la mattina con la bassa marea. Talmente calmo che sembra di navigare su un lago. Dalla barca, attraverso un'acqua cristallina, vediamo il fondale ricoperto di coralli. Si apre una piccola baia. Semplicemente bellissimo. Ci posiamo dolcemente sulla spiaggia. Ci fermiamo nel posto più economico (ovviamente!) e più suggestivo. Un bungalow circolare in legno, circondato da palme a cinque metri dal mare. Una spiaggia costellata di piroghe dei pescatori. Alla spalle il villaggetto con un labirinto di vicoletti su cui si aprono piccoli ristorantini (gargotte) e le case dei locali. La bellezza di questo luogo è commovente. La sera mangiamo sulla spiaggia pesce e frutti di mare grigliati. Nei giorni successivi conosciamo Halifa, un cinquantenne malgascio, esperto marinaio, capitano di una barca a vela ereditata da un francese. Da poco ha risistemato la barca e si è messo in proprio, offrendo crociere nelle isole della costa nord-ovest del Madagascar. Come suoi primi clienti, ci propone una gita a prezzi da super-offerta. Cosi' passiamo due giorni in barca a vela (allafacciucazz!). Insieme al capitano conosciamo le isole vicino a Nosy Komba. Facciamo snorkelling nella riserva marina di Nosy Tanikely (come nuotare in un acquario). Visitiamo al tramonto il piccolo villaggio di pescatori di Nosy Faly. La sera ceniamo sul ponte della barca con ottimi piatti malgasci preparati dal nostro capitano. Senza parole. Lasciamo con tristezza Nosy Komba per volare di nuovo a Tanà. Domani lasceremo lo splendido Madagascar. Finisce una parte del viaggio e ne comincia una nuova. Ci aspetta il Kenya, dove incontreremo squa e pdx, con cui proseguiremo il viaggio fino in Tanzania!
Al prossimo aggiornamento...
Il giorno seguente arriviamo in piroga alla vicina e più tranquilla isola di
Nosy Komba: arriviamo la mattina con la bassa marea. Talmente calmo che sembra di navigare su un lago. Dalla barca, attraverso un'acqua cristallina, vediamo il fondale ricoperto di coralli. Si apre una piccola baia. Semplicemente bellissimo. Ci posiamo dolcemente sulla spiaggia. Ci fermiamo nel posto più economico (ovviamente!) e più suggestivo. Un bungalow circolare in legno, circondato da palme a cinque metri dal mare. Una spiaggia costellata di piroghe dei pescatori. Alla spalle il villaggetto con un labirinto di vicoletti su cui si aprono piccoli ristorantini (gargotte) e le case dei locali. La bellezza di questo luogo è commovente. La sera mangiamo sulla spiaggia pesce e frutti di mare grigliati. Nei giorni successivi conosciamo Halifa, un cinquantenne malgascio, esperto marinaio, capitano di una barca a vela ereditata da un francese. Da poco ha risistemato la barca e si è messo in proprio, offrendo crociere nelle isole della costa nord-ovest del Madagascar. Come suoi primi clienti, ci propone una gita a prezzi da super-offerta. Cosi' passiamo due giorni in barca a vela (allafacciucazz!). Insieme al capitano conosciamo le isole vicino a Nosy Komba. Facciamo snorkelling nella riserva marina di Nosy Tanikely (come nuotare in un acquario). Visitiamo al tramonto il piccolo villaggio di pescatori di Nosy Faly. La sera ceniamo sul ponte della barca con ottimi piatti malgasci preparati dal nostro capitano. Senza parole. Lasciamo con tristezza Nosy Komba per volare di nuovo a Tanà. Domani lasceremo lo splendido Madagascar. Finisce una parte del viaggio e ne comincia una nuova. Ci aspetta il Kenya, dove incontreremo squa e pdx, con cui proseguiremo il viaggio fino in Tanzania!
Al prossimo aggiornamento...
lunedì 5 ottobre 2009
Madagascar n.4
Diego Suarez: piccola città coloniale e antico porto sulla punta nord del Madagascar. Atmosfera e vicoli che a J. ricordano molto Cuba. La zona più commerciale ci ricorda la baixa nella nostra Beira. La sonnecchiosità e il caldo terrificante dellà città ci invitano ad un giorno di relax. Passeggiata per le stradine. Giro al mercato per comprare frutta e verdura. Un po' di tempo dedicato alle foto. E poi una bella pennica pomeridiana nella camera/cubicolo del nostro albergo, con giusto lo spazio per il letto, ma in compenso una bella abat-jour a luce rossa...più che un Hotel un Motel, meno male che non ci hanno fatto pagare a ore!!
Con un taxi R4 arancione, diviso con una coppia di giovani francesi, raggiungiamo Joffreyville, punto di partenza per visitare il parco della Montagna d'Ambra. L'unico albergo del paese non ci lascia mettere la tenda nel giardino, ma fortunatamente la guida del parco si offre di ospitarci nella casa della sua ex-moglie. Un bel risparmio e l'occasione di vivere, almeno per una notte, in una casa malgascia. Tutti gentilissimi. Il giorno dopo camminata di cinque ore nella foresta pluviale. Uccelli, camaleonti, gechi super-mimetici e gli immancabili lemuri, di cui abbiamo visto due nuove specie. Dopo il trekking saltiamo al volo su un taxi-brousse, incastrati alla bellemeglio per tre ore (soprattutto J). Arriviamo distrutti al paese successivo, Mahomasina, dove ci accoglie la nostra prima pioggia malgascia. Dopo cena sveniamo sul letto: ore venti (un record!!).
Per riposarci un po', organizziamo due giorni di trekking nel parco dell'Ankarana. Camminate estenuanti nella foresta secca e su rocce calcaree (le chiamano tsingy), erose dal vento e dall'acqua che le hanno rese delle punte acuminate. Anche qui una fauna incredibile e dei paesaggi meravigliosi.
Oggi alzataccia: partenza alle 5.30. Rotta verso sud-ovest, destinazione isola di Nosy Be. Strada bellissima. Dal finestrino vedo
terra rossa
palme, banani, acace ed eucalipti
villaggi di palafitte di legno e paglia
piccoli specchi d'acqua con bambini nudi che giocano.
Dopo tre ore di taxi ci spariamo mezzo'ora di barca per arrivare all'isola. Sbarcati su Nosy Be veniamo circondati da un ammasso di gente che ci offre di tutto: taxi, albergo, escursioni. A me offrono delle ragazze a buon prezzo! Riusciamo a scappare e ci infiliamo nel primo albergo/bettola che troviamo. Se possibile ancora più scrauso di quello a Diego Suarez. Domani ci aspetta un bel giro dell'isola in motorino: finalmente su due ruote!!
Dopo Nosy Be rotta su Nosy Komba dove ci spiaggeremo alla grande e ne approfitteremo per fare qualche immersione.
Alla prossima...
Con un taxi R4 arancione, diviso con una coppia di giovani francesi, raggiungiamo Joffreyville, punto di partenza per visitare il parco della Montagna d'Ambra. L'unico albergo del paese non ci lascia mettere la tenda nel giardino, ma fortunatamente la guida del parco si offre di ospitarci nella casa della sua ex-moglie. Un bel risparmio e l'occasione di vivere, almeno per una notte, in una casa malgascia. Tutti gentilissimi. Il giorno dopo camminata di cinque ore nella foresta pluviale. Uccelli, camaleonti, gechi super-mimetici e gli immancabili lemuri, di cui abbiamo visto due nuove specie. Dopo il trekking saltiamo al volo su un taxi-brousse, incastrati alla bellemeglio per tre ore (soprattutto J). Arriviamo distrutti al paese successivo, Mahomasina, dove ci accoglie la nostra prima pioggia malgascia. Dopo cena sveniamo sul letto: ore venti (un record!!).
Per riposarci un po', organizziamo due giorni di trekking nel parco dell'Ankarana. Camminate estenuanti nella foresta secca e su rocce calcaree (le chiamano tsingy), erose dal vento e dall'acqua che le hanno rese delle punte acuminate. Anche qui una fauna incredibile e dei paesaggi meravigliosi.
Oggi alzataccia: partenza alle 5.30. Rotta verso sud-ovest, destinazione isola di Nosy Be. Strada bellissima. Dal finestrino vedo
terra rossa
palme, banani, acace ed eucalipti
villaggi di palafitte di legno e paglia
piccoli specchi d'acqua con bambini nudi che giocano.
Dopo tre ore di taxi ci spariamo mezzo'ora di barca per arrivare all'isola. Sbarcati su Nosy Be veniamo circondati da un ammasso di gente che ci offre di tutto: taxi, albergo, escursioni. A me offrono delle ragazze a buon prezzo! Riusciamo a scappare e ci infiliamo nel primo albergo/bettola che troviamo. Se possibile ancora più scrauso di quello a Diego Suarez. Domani ci aspetta un bel giro dell'isola in motorino: finalmente su due ruote!!
Dopo Nosy Be rotta su Nosy Komba dove ci spiaggeremo alla grande e ne approfitteremo per fare qualche immersione.
Alla prossima...
lunedì 28 settembre 2009
Madagascar n.3
Toliara: piccola cittadina di mare che ha visto periodi migliori per il turismo. Lungomare costellato di locali chiusi. Una fila chilometrica di Riscio' vuoti in attesa di un cliente. Alberghi deserti. La crisi politica di questo ultimo anno ha messo in ginocchio la popolazione, qui come in tutto il Madagascar. Sopravvivono, ma non sembra che se la passino bene. I pochi turisti sono, ovviamente, bersagliati senza tregua. Incontriamo un ragazzo italiano bloccato qui da un anno. Ci dipinge un quadro disastroso della zona Ci racconta che qui le ragazzine si vendono per pochi soldi ai bianchi vecchi e bavosi. La sera stessa, alla nostra pensione, lo vediamo coi nostri occhi. Che tristezza.
Anakao: dopo tre ore appollaiati su una piroga a motore arriviamo ad Anakao, a sud di Toliara. Una interminabile lingua di sabbia chiara bagnata da un mare turchese. Un paradiso. Ancora una volta la tenda ci fa risparmiare, e ci concediamo il lusso di una cena in riva al mare a base di pesce fresco grigliato. Unica pecca...dal vicino villaggio di pescatori, in festa da tre giorni, ci raggiungono due cose:
- una musica terribile sparata in aria tutta la notte da un altoparlante gracchiante
-una serie di stronzi galleggianti formato famiglia , portati dalla corrente. Infatti tutti gli abitanti del villaggio cagano con naturalezza sulla spiaggia (anche mentre passeggi romanticamente al tramonto!). Sembra che per loro sia ''disdicevole'' cagare in una latrina in casa...vabbuo'!
Adesso siamo di nuovo nella capitale, Antananarivo. Arrivati dopo una notte in cui abbiamo percorso tutta la Route Nationelle 7 incastrati nel solito furgoncino: 950 Km in più o meno diciotto ore. Culo rotto e freddo della madonna!!
Domani si vola verso nord...
Anakao: dopo tre ore appollaiati su una piroga a motore arriviamo ad Anakao, a sud di Toliara. Una interminabile lingua di sabbia chiara bagnata da un mare turchese. Un paradiso. Ancora una volta la tenda ci fa risparmiare, e ci concediamo il lusso di una cena in riva al mare a base di pesce fresco grigliato. Unica pecca...dal vicino villaggio di pescatori, in festa da tre giorni, ci raggiungono due cose:
- una musica terribile sparata in aria tutta la notte da un altoparlante gracchiante
-una serie di stronzi galleggianti formato famiglia , portati dalla corrente. Infatti tutti gli abitanti del villaggio cagano con naturalezza sulla spiaggia (anche mentre passeggi romanticamente al tramonto!). Sembra che per loro sia ''disdicevole'' cagare in una latrina in casa...vabbuo'!
Adesso siamo di nuovo nella capitale, Antananarivo. Arrivati dopo una notte in cui abbiamo percorso tutta la Route Nationelle 7 incastrati nel solito furgoncino: 950 Km in più o meno diciotto ore. Culo rotto e freddo della madonna!!
Domani si vola verso nord...
giovedì 24 settembre 2009
Madagascar n.2
Ma come cazzo fanno sti francesi? La tastiera è tutta girata!! Sto impazzendo per trovare la A!! E poi collegamento lentissimo...per cui breve aggiornamento:
Siamo arrivati a Toliara, nel sud-ovest del Mada, dopo aver attraversato le magnifiche Highlands, che tutti gli italiani snobbano per le più fichette spiagge del nord! Paesaggi incredibili che cambiano completamante ogni viaggio.
Ambositra: verdi colline terrazzate per le risaie, infiniti specchi d'acqua sui pendii. Un paesino di montagna dove regnano le guide turistiche e i riscio' (mi sa che non si scrive cosi'). Qui abbiamo visitato i villaggi vicini, tra paesaggi stupendi e piccoli agglomerati di case fatte con legno intagliato. La notte freddo e ossa rotte nella tenda.
Ranomafana: circondata dall'intenso verde della foresta. Nel Parco Nazionale abbiamo finalmente visto i lemuri, anche se non ci hanno accolto con canti e danze come nel film Madagascar!
Ranohira: vedute mozzafiato, terra rossa, erba bruciata dal sole e campi di grano. Tutto intorno picchi rocciosi tipo Grand Canyon. Qui due giorni di trekking tra cascate, piscine naturali e camminate tra le rocce dei canyon. Anche qui un sacco di lemuri, che ormai sono i miei animali preferiti!
Domani in piroga (a motore) verso il paradiso della spiaggia di Anakao, per riprenderci da una settimana tra mega-camminate e viaggi stra-scomodi!!
PS1 con il francese ce la stiamo cavando (si sopravvive), anche se mi sembra di essere un misto tra Toto' alla stazione di Milano e Abbadantuono a Marrakesh!!
PS2 qui con i turisti sono veramante figg'e'puttana. Cercano sempre di inchiappettarti, soprattutto alle stazioni degli autobus, con prezzi sempre più alti. Addirittura negli uffici scrivono prezzi falsi da farti vedere (scriveremo alla Lonely Planet); A Fianar abbiamo litigato per due ore con tutta la stazione ma alla fine la giustizia ha trionfato e ci hanno ridato i soldi (non ci speravo!!);
PS3 viaggiare in Taxi-brusse (tipo chapa del Moz) è divertente ma un po' scomodo, anche se i paesaggi che ti scorrono davanti agli occhi ti fanno sopportare le sette ore passate con
la musica malgascia a tutto volume nelle orecchie,
il tuo ginocchio in bocca,
il gomito del vicino nel fianco e
il ferro del sedile nel culo!!!
Siamo arrivati a Toliara, nel sud-ovest del Mada, dopo aver attraversato le magnifiche Highlands, che tutti gli italiani snobbano per le più fichette spiagge del nord! Paesaggi incredibili che cambiano completamante ogni viaggio.
Ambositra: verdi colline terrazzate per le risaie, infiniti specchi d'acqua sui pendii. Un paesino di montagna dove regnano le guide turistiche e i riscio' (mi sa che non si scrive cosi'). Qui abbiamo visitato i villaggi vicini, tra paesaggi stupendi e piccoli agglomerati di case fatte con legno intagliato. La notte freddo e ossa rotte nella tenda.
Ranomafana: circondata dall'intenso verde della foresta. Nel Parco Nazionale abbiamo finalmente visto i lemuri, anche se non ci hanno accolto con canti e danze come nel film Madagascar!
Ranohira: vedute mozzafiato, terra rossa, erba bruciata dal sole e campi di grano. Tutto intorno picchi rocciosi tipo Grand Canyon. Qui due giorni di trekking tra cascate, piscine naturali e camminate tra le rocce dei canyon. Anche qui un sacco di lemuri, che ormai sono i miei animali preferiti!
Domani in piroga (a motore) verso il paradiso della spiaggia di Anakao, per riprenderci da una settimana tra mega-camminate e viaggi stra-scomodi!!
PS1 con il francese ce la stiamo cavando (si sopravvive), anche se mi sembra di essere un misto tra Toto' alla stazione di Milano e Abbadantuono a Marrakesh!!
PS2 qui con i turisti sono veramante figg'e'puttana. Cercano sempre di inchiappettarti, soprattutto alle stazioni degli autobus, con prezzi sempre più alti. Addirittura negli uffici scrivono prezzi falsi da farti vedere (scriveremo alla Lonely Planet); A Fianar abbiamo litigato per due ore con tutta la stazione ma alla fine la giustizia ha trionfato e ci hanno ridato i soldi (non ci speravo!!);
PS3 viaggiare in Taxi-brusse (tipo chapa del Moz) è divertente ma un po' scomodo, anche se i paesaggi che ti scorrono davanti agli occhi ti fanno sopportare le sette ore passate con
la musica malgascia a tutto volume nelle orecchie,
il tuo ginocchio in bocca,
il gomito del vicino nel fianco e
il ferro del sedile nel culo!!!
mercoledì 16 settembre 2009
Madagascar n.1
Johannesburg in un giorno:
ore 4: arrivo alla stazione degli autobus. Corsa in Taxi all'ostello.
ore 5: per farci andare nella camerata a dormire ci chiedono di pagare l'intera notte, sti bastardi! Resistiamo sul divano. Alla fine cedono loro!
ore 10: colazione alla mega-caffetteria. Seduti al tavolo solo bianchi 'ncruattati. A servire ai tavoli...solo neri (?)
ore 10.30: frastornati da tutto il bendiddio assaporiamo il primo croissant dopo un anno!!
ore 11: camminata nel quartiere. Tutti bianchi. E tutti in macchinoni. Mega villoni tipo Beverly Hills. Bellissimi giardini. Alte recinzioni. Filo spinato o con corrente elettrica.
ore 12: Ne all'ostello ne all'ufficio del turismo qualcuno ci dice cosa cazzo c'è da vedere in sta città. Decidiamo di fare un giro in centro (di solito funziona!).
ore 12.30: prendiamo un mini-bus collettivo (anche per la nostalgia degli chapa mozambicani!). Qui solo neri. Usciamo dall'artificialità della zona residenziale. Inizia la città. Attraverso il finestrino scorrono immagini che ho già visto nei film ammerecani, tipo Harlem a New York.
ore 13: scendiamo alla fermata degli chapa e camminiamo verso il centro città. Palazzoni. Strade affollate. Mercatini. Confusione. E' incredibile. Non vediamo un solo bianco in mezz'ora di camminata. Ci sediamo a riposare e ci viene il dubbio che l'integrazione sia solo una bella teoria.
ore 15: Mini-bus per Melville, quartiere con eventi musicali e locali.
ore 15.30: Ci troviamo a Marvin, o qualcosa del genere, quartiere popolare periferico. Restiamo sullo chapa e torniamo indietro.
ore 16: decidiamo di tornare verso l'ostello. Chiediamo indicazioni ma sembra che nessuno in sta merda di città sappia arrivare nella zona nord. Gandhi Square, piazza degli autobus nel centro città, duemila fermate. Nessun cartello. Poche indicazioni. Finalmente un ragazzo ci illumina: dovete prendere l'80.
ore 16.30: iniziamo a vedere qulche bianco che spunta dagli uffici.
ore 17: dopo un'ora di attesa e dueppalle enormi arriva l'80. Due piani di Bus.
ore 17.30: imbottigliati nel traffico post-ufficio (stringo le chiappe immaginandomi tra pochi mesi fermo nella tangenziale di Milano!).
ore 18: arrivati.
Conclusione n.1 se sei un turista senza macchina o tanti soldi e hai poco tempo...stattene in albergo a leggere un buon libro.
Conclusione n.2 incredibile come si avverta la netta divisione tra la città bianca e quella nera.
Conclusione n.3 dopo due anni a Beira tanto sfarzo ti lascia perplesso.
MADAGASCAR
Antananarivo (come se fosse Antani):
Altitudine 1500 metri. Luce forte. Colori vivi. Mal di testa e raspino in gola (inquinamento?). Tutto un sali-scendi. Case strette. Scalinate spacca-gambe dappertutto. Gente differente alla "Africa" a cui siamo abituati. Bassini. Pelle più chiara. Tratti asiatici. Nessuna sensazione di pericolo. Tutti gentili. Venditori ambulanti. Povertà. Un po' di immondizia in giro. A tratti odori forti di piscioemmerda. Traffico. Macchine scassatissime: 2CV, R4, Peugeot 106. Giro in taxi su una duecavalli che arranca sulle ripide salite...mitico!! Visita guidata (è impossibile dire di no alle duecento guide locali che ti assaltano) alla zona alta, dove si trova l'antico palazzo reale (che è fady, ossia taboo, indicare con l'indice teso). Qui si domina la città. Scorci bellissimi nelle viottole tra le casette dai tetti spioventi. Balconcini con i panni stesi e fiori. Sembra di essere in un paesino di montagna. Tra tutte le cose che ci dice Patrick, la nostra guida che parla anche italiano, una mi rimane impressa più di tutte: ancora adesso in Madagascar, è obbligatorio circoncidere i propri figli. E secondo l'antica tradizione malgascia, il nonno materno (è una società matriarcale) accetta nella famiglia il nuovo nipote mangiandone il prepuzio con una banana! Per poco non vomitiamo davanti al palazzo reale, sarà fady pure questo?
Domani si va verso sud, nelle highlands...
ore 4: arrivo alla stazione degli autobus. Corsa in Taxi all'ostello.
ore 5: per farci andare nella camerata a dormire ci chiedono di pagare l'intera notte, sti bastardi! Resistiamo sul divano. Alla fine cedono loro!
ore 10: colazione alla mega-caffetteria. Seduti al tavolo solo bianchi 'ncruattati. A servire ai tavoli...solo neri (?)
ore 10.30: frastornati da tutto il bendiddio assaporiamo il primo croissant dopo un anno!!
ore 11: camminata nel quartiere. Tutti bianchi. E tutti in macchinoni. Mega villoni tipo Beverly Hills. Bellissimi giardini. Alte recinzioni. Filo spinato o con corrente elettrica.
ore 12: Ne all'ostello ne all'ufficio del turismo qualcuno ci dice cosa cazzo c'è da vedere in sta città. Decidiamo di fare un giro in centro (di solito funziona!).
ore 12.30: prendiamo un mini-bus collettivo (anche per la nostalgia degli chapa mozambicani!). Qui solo neri. Usciamo dall'artificialità della zona residenziale. Inizia la città. Attraverso il finestrino scorrono immagini che ho già visto nei film ammerecani, tipo Harlem a New York.
ore 13: scendiamo alla fermata degli chapa e camminiamo verso il centro città. Palazzoni. Strade affollate. Mercatini. Confusione. E' incredibile. Non vediamo un solo bianco in mezz'ora di camminata. Ci sediamo a riposare e ci viene il dubbio che l'integrazione sia solo una bella teoria.
ore 15: Mini-bus per Melville, quartiere con eventi musicali e locali.
ore 15.30: Ci troviamo a Marvin, o qualcosa del genere, quartiere popolare periferico. Restiamo sullo chapa e torniamo indietro.
ore 16: decidiamo di tornare verso l'ostello. Chiediamo indicazioni ma sembra che nessuno in sta merda di città sappia arrivare nella zona nord. Gandhi Square, piazza degli autobus nel centro città, duemila fermate. Nessun cartello. Poche indicazioni. Finalmente un ragazzo ci illumina: dovete prendere l'80.
ore 16.30: iniziamo a vedere qulche bianco che spunta dagli uffici.
ore 17: dopo un'ora di attesa e dueppalle enormi arriva l'80. Due piani di Bus.
ore 17.30: imbottigliati nel traffico post-ufficio (stringo le chiappe immaginandomi tra pochi mesi fermo nella tangenziale di Milano!).
ore 18: arrivati.
Conclusione n.1 se sei un turista senza macchina o tanti soldi e hai poco tempo...stattene in albergo a leggere un buon libro.
Conclusione n.2 incredibile come si avverta la netta divisione tra la città bianca e quella nera.
Conclusione n.3 dopo due anni a Beira tanto sfarzo ti lascia perplesso.
MADAGASCAR
Antananarivo (come se fosse Antani):
Altitudine 1500 metri. Luce forte. Colori vivi. Mal di testa e raspino in gola (inquinamento?). Tutto un sali-scendi. Case strette. Scalinate spacca-gambe dappertutto. Gente differente alla "Africa" a cui siamo abituati. Bassini. Pelle più chiara. Tratti asiatici. Nessuna sensazione di pericolo. Tutti gentili. Venditori ambulanti. Povertà. Un po' di immondizia in giro. A tratti odori forti di piscioemmerda. Traffico. Macchine scassatissime: 2CV, R4, Peugeot 106. Giro in taxi su una duecavalli che arranca sulle ripide salite...mitico!! Visita guidata (è impossibile dire di no alle duecento guide locali che ti assaltano) alla zona alta, dove si trova l'antico palazzo reale (che è fady, ossia taboo, indicare con l'indice teso). Qui si domina la città. Scorci bellissimi nelle viottole tra le casette dai tetti spioventi. Balconcini con i panni stesi e fiori. Sembra di essere in un paesino di montagna. Tra tutte le cose che ci dice Patrick, la nostra guida che parla anche italiano, una mi rimane impressa più di tutte: ancora adesso in Madagascar, è obbligatorio circoncidere i propri figli. E secondo l'antica tradizione malgascia, il nonno materno (è una società matriarcale) accetta nella famiglia il nuovo nipote mangiandone il prepuzio con una banana! Per poco non vomitiamo davanti al palazzo reale, sarà fady pure questo?
Domani si va verso sud, nelle highlands...
martedì 8 settembre 2009
Aggiornamento
Rieccomi dopo settimane di assenza.
Il 26 di Agosto é stato il mio ultimo giorno di lavoro (sigh!). Dopo due anni abbiamo lasciato Beira e stiamo per lasciare il Mozambico. Abbiamo passato le ultime settimane tra preparativi, valigie, saluti. Ogni giorno una festa di despedida, per salutare gli amici, i colleghi dell’universitá e dell’ospedale, il personale della associazione. L’ultimo giorno é stato pazzesco: svuotare la casa dalle cose accumulate in due anni di vita, e nello stesso momento preparare gli zaini per un viaggio di tre mesi. Sí, perché prima di ritornare in Italia ci siamo regalati un “giretto”: Mozambico, Madagascar, Kenya, Tanzania, Malawi. Per poi ritornare a Beira ed assistere alla Laurea degli studenti di medicina che ho seguito in questi anni (i miei bambini!!)
Le tappe del viaggio:
Partenza da Beira. Due tipi con una pseudo-divisa tentano di darci una multa per avere pisciato vicino ad un albero non lontano dalla stazione degli chapa! (Peró nessuno dice niente quando la gente si mette a cagare in spiaggia!! nda). Dopo una lunga discussione e l’intervento in nostro favore di due agguerite sciure, ce la caviamo con una stretta di mano farcita con 50 Meticais (cazzo giá il primo pizzo del viaggio!). Poi ci spariamo otto ore di viaggio seduti su uno sgabello incastrati tra sacchi di patate e farina.
Arriviamo a Vilankulos. Quattro giorni di svacco, dormite e camminate sulla spiaggia. Nessuna immersione, troppo stanchi e infreddoliti (l’inverno mozambicano sta durando piú del solito).
Schiacciati dentro ad un furgone/gabbia come animali, ritorniamo sulla strada principale, dove ci incontriamo con Bas, un amico olandese di Beira. Con lui andiamo a Inhambane/Tofo. Bellissimo, anche se un po’ troppo turistico. Finalmente immersioni, tra mille pesci ed enormi mante. Seduti al bar a bere una birretta, assistiamo allo spettacolo meraviglioso delle balene che saltano e spruzzano enormi getti d’acqua. In questo periodo su tutta la costa si possono vedere gruppi di balene che migrano verso Nord lungo il canale tra il Mozambico e il Madagascar.
Ora siamo a Maputo, dopo un viaggio sicuramente piú comodo dei precedenti, anche se con un leggero ritardo dovuto ad una gomma scoppiata. Siamo a casa di una amica, Elisa, che ci fa conoscere una cittá che non ci aspettavamo. Frastornati. Palazzoni, vetrine, luci, macchinoni, lusso. Ma anche un bellissimo lungo mare, spiaggia, vita notturna, musica dal vivo, centri culturali, musei. Nessun bairro dentro la cittá. Tutte le baracche sono rimaste fuori, nella periferia. Povertá ce n’é, solo che la nascondono. E come in tutte le grandi cittá, ancora piú stridente é la differenza tra chi ha la grana e chi tira a campare. Beira sembra distante anni luce. Mi incazzo nel vedere come il boicottaggio politico (Beira e la provincia di Sofala sono storicamente della destrorsa Renamo) stia uccidendo la seconda cittá del Mozambico per importanza storico-commerciale e numero di abitanti.
Tappa successiva Johannesburg, per prendere l’aereo che ci porterá ad Antananarivo, capitale del Madagascar!!
Alla prossima…
Il 26 di Agosto é stato il mio ultimo giorno di lavoro (sigh!). Dopo due anni abbiamo lasciato Beira e stiamo per lasciare il Mozambico. Abbiamo passato le ultime settimane tra preparativi, valigie, saluti. Ogni giorno una festa di despedida, per salutare gli amici, i colleghi dell’universitá e dell’ospedale, il personale della associazione. L’ultimo giorno é stato pazzesco: svuotare la casa dalle cose accumulate in due anni di vita, e nello stesso momento preparare gli zaini per un viaggio di tre mesi. Sí, perché prima di ritornare in Italia ci siamo regalati un “giretto”: Mozambico, Madagascar, Kenya, Tanzania, Malawi. Per poi ritornare a Beira ed assistere alla Laurea degli studenti di medicina che ho seguito in questi anni (i miei bambini!!)
Le tappe del viaggio:
Partenza da Beira. Due tipi con una pseudo-divisa tentano di darci una multa per avere pisciato vicino ad un albero non lontano dalla stazione degli chapa! (Peró nessuno dice niente quando la gente si mette a cagare in spiaggia!! nda). Dopo una lunga discussione e l’intervento in nostro favore di due agguerite sciure, ce la caviamo con una stretta di mano farcita con 50 Meticais (cazzo giá il primo pizzo del viaggio!). Poi ci spariamo otto ore di viaggio seduti su uno sgabello incastrati tra sacchi di patate e farina.
Arriviamo a Vilankulos. Quattro giorni di svacco, dormite e camminate sulla spiaggia. Nessuna immersione, troppo stanchi e infreddoliti (l’inverno mozambicano sta durando piú del solito).
Schiacciati dentro ad un furgone/gabbia come animali, ritorniamo sulla strada principale, dove ci incontriamo con Bas, un amico olandese di Beira. Con lui andiamo a Inhambane/Tofo. Bellissimo, anche se un po’ troppo turistico. Finalmente immersioni, tra mille pesci ed enormi mante. Seduti al bar a bere una birretta, assistiamo allo spettacolo meraviglioso delle balene che saltano e spruzzano enormi getti d’acqua. In questo periodo su tutta la costa si possono vedere gruppi di balene che migrano verso Nord lungo il canale tra il Mozambico e il Madagascar.
Ora siamo a Maputo, dopo un viaggio sicuramente piú comodo dei precedenti, anche se con un leggero ritardo dovuto ad una gomma scoppiata. Siamo a casa di una amica, Elisa, che ci fa conoscere una cittá che non ci aspettavamo. Frastornati. Palazzoni, vetrine, luci, macchinoni, lusso. Ma anche un bellissimo lungo mare, spiaggia, vita notturna, musica dal vivo, centri culturali, musei. Nessun bairro dentro la cittá. Tutte le baracche sono rimaste fuori, nella periferia. Povertá ce n’é, solo che la nascondono. E come in tutte le grandi cittá, ancora piú stridente é la differenza tra chi ha la grana e chi tira a campare. Beira sembra distante anni luce. Mi incazzo nel vedere come il boicottaggio politico (Beira e la provincia di Sofala sono storicamente della destrorsa Renamo) stia uccidendo la seconda cittá del Mozambico per importanza storico-commerciale e numero di abitanti.
Tappa successiva Johannesburg, per prendere l’aereo che ci porterá ad Antananarivo, capitale del Madagascar!!
Alla prossima…
giovedì 13 agosto 2009
Mozambico: elefanti "spostano" una raffineria di petrolio
Per non danneggiare l’habitat degli elefanti, la raffineria di petrolio che doveva essere costruita a Matutuine, nel sud del paese, a partire da fine anno sarà realizzata in un’altra regione del Mozambico. Ad annunciarlo è la Oilmoz, l’azienda di Maputo a capitale privato impegnata nella costruzione della raffineria, la prima in Mozambico dopo la chiusura dell’ultimo impianto nel 1987. Con una capacità prevista di 350.000 barili al giorno e un costo stimato in 5,6 miliardi di euro, la raffineria di petrolio sarebbe stata edificata nel mezzo di una riserva naturale in cui vivono diverse centinaia di elefanti, la cui popolazione in Mozambico è stata decimata durante la guerra civile che ha coinvolto il paese tra il 1976 e il 1992. “Per evitare danni all’ambiente – ha detto un portavoce di Oilmoz – e proteggere la biodiversità, abbiamo deciso autonomamente di costruire l’impianto altrove, a Marracuene, 50 chilomentri a nord di Maputo”. Il Mozambico consuma circa 17.000 barili di petrolio al giorno; oltre a ridurre il costo della benzina, a oggi tutta d’importazione, la raffineria dovrebbe consentire di esportare circa 330.000 barili nei paesi dell’Africa australe e in primo luogo in Sudafrica.
www.misna.org
www.misna.org
mercoledì 12 agosto 2009
Grande Hotel da Beira
La storia e i numeri
Nel 1952 si aprono le porte del Grande Hotel di Beira. Di proprietá della Companhia de Moçambique, con i suoi 12.000 metri quadri di sfarzo viene considerato The Pride of Africa, il piú grande e lussuoso albergo del continente. Il progetto iniziale prevede un costo di 35.000 Contos (175.000 Euro). L’arquitetto José Porto viene sostituito durante i lavori dal piú giovane Francisco de Castro, che porta a termine i lavori con un costo finale di 90.000 Contos (450.000 Euro!!). Tre piani, grandi scalinate, larghi corridoi, discoteca con aria condizionata (un lusso a quei tempi), pavimenti completamente di legno, cucine e lavanderia con materiali tedeschi all’avanguardia, mobili di legno provenienti da Lisbona, innovative porte degli ascensori Securit, piscina olimpionica. Perfino un casinó, mai aperto poiché mai autorizzato da Salazar, sotto la pressione dell’allora Vescovo di Beira Dom Sebastião de Resende e dei governi di Swaziland e Rodesia (attuale Zambia) intimoriti dalla possibile concorrenza per i loro casinó. Il Grande Hotel ha peró vita breve. L’attivitá crolla dopo solo due anni dall’apertura, complici una gestione incapace e uno scarso afflusso di turisti. Nel 1963 la chiusura definitiva. Per tutti gli anni sessanta rimangono aperti la piscina, la sala conferenze e la discoteca. L’ultimo evento mondano risale alla festa di capodanno del 1980. Durante la guerra civile inizia l’occupazione dell’edificio, inizialmente dai militari, successivamente dalle famiglie di civili in cerca di un rifugio. Nei sotterranei vengono rinchiusi i prigionieri politici. Negli anni successivi Samora Machel, primo Presidente mozambicano, propone, senza successo, una riabilitazione dell’edificio. Nel 1985 ne viene proposta la demolizione, ma senza proporre una alternativa valida per le famiglie, che si oppongono allo sgombero. Attualmente si stima che siano circa 830 le famiglie all’interno dell’albergo, quasi 2000 persone!!
Visita al Grande Hotel
Finalmente siamo entrati nel famoso, anzi famigerato, Grande Hotel di Beira. Ci siamo riusciti aggregandoci ad alcune suore, che da anni promuovono iniziative a sostegno dei più bisognosi tra i numerosi abitanti dell’Hotel (corsi di cucito e attività con i bambini orfani). Ci accompagnano suor Maria Augusta, di Capo Verde, la tipica suora missionaria con le palle, e dona Isabel, una signora che aiuta nell’organizzazione dei corsi di cucito.
Il piccolo gruppo arriva davanti al Grande Hotel (GH) in perfetto orario. Mai prima d’ora eravamo arrivati così vicino all’enorme eco-mostro. Da qui sotto sembra ancora più gigantesco. Tentiamo di immaginare quante persone possano esserci stipate dentro. Ora non ci resta che aspettare il permesso per entrare. Il segretario del GH (come il segretario di qualsiasi altro bairro della città) deve autorizzarci. Ma sembra che nessuno sappia dove sia finito. Suor Maria Augusta sfodera il mega-cellulare e cerca di rintracciarlo. Niente. Dicono che sia sparito nei meandri dell’albergo. Mi scoraggio. La suora maroni-munita decide di entrare a cercarlo. Entra con passo deciso, sparisce nel buio dell’ex-salone.
Aspettiamo fuori, mentre la vita del GH ci scorre davanti. Donne sedute di fianco ai pochi prodotti da vendere. Bambini (molti) giocano e si rincorrono (per poco non mi tirano giù dona Isabel!). Ragazzi che tornano da scuola (i pochi che ancora ci vanno). Uomini seduti a chiacchierare davanti ad una bottiglia di agua ardente (“acqua” a 40 gradi!). Scene di vita quotidiana ormai familiari. Nel frattempo Isabel ci spiega come non sia facile collaborare con le donne per il corso di cucito. Non possono lasciare il materiale al GH (sparirebbe in pochi istanti). E le donne non sembrano molto interessate ad imparare un lavoro (aqui as mulheres são preguiçosas! – Qui le donne sono pigre!).
Ritorna la suora capoverdiana con dona Chica. Sarà lei ad accompagnarci nella visita. Abbiamo anche il permesso per le foto. Chica vive qui dentro da quindici anni. -Chissà se uscirò mai!- Sorride. Non capisco se la consideri una cosa negativa.
Entriamo nell’immenso, deserto, buio salone. Saliamo le enormi scalinate. Afferro la sciura Isabel. Mica che mi caschi di sotto (il legno dei corrimano e del parquet se lo sono bruciato da mó). Passiamo per lunghi corridoi. Oscurità impenetrabile. Interminabili file di porte tutte uguali si succedono sui due lati. Mi sembra di essere nell’Overlook Hotel di Shining (se vedo un bambino con il triciclo lo piglio a scarpate!). In fondo al tunnel, finalmente…la luce!! Arriviamo ad un’altra ala dell’albergo. Chica ci mostra l’ingresso dell’appartamento dove abitava un tempo, prima di trasferirsi con tutta la famiglia, sempre più numerosa (è appena nato il suo ultimo figlio, il più giovane abitante del GH).
Rimango un po’ stupito. Prima di entrare mi immaginavo una scena differente. Pensavo ad una marea di gente, corridoi affollati, confusione, musica, sporcizia. Avevo in mente le foto che abbiamo scattato nella Rocinha, la più grande favela di Rio de Janeiro. Mi aspettavo una favela concentrata in dodicimilametriquadri. Niente di tutto ciò. Silenzio assoluto. Gli unici rumori vengono dalla strada. E soprattutto nessuno in giro. Tutti in giro per le strade o chiusi nelle stanze (ogni famiglia ha la propria).
Altra sorpresa: pur senza acqua corrente ed energia elettrica, i corridoi sono discretamente puliti. Chica ci spiega che ogni famiglia si occupa delle pulizie degli spazi comuni. Tutta l’immondizia viene accumulata nei vani degli ascensori e in alcune rampe di scale (ormai i rifiuti arrivano fino all’ultimo piano). Nei vani, senza nessuna porta o protezione, oltre ai rifiuti ci finiscono anche i bambini. Fortunatamente fino ad ora non è morto nessuno (forse proprio grazie ai rifiuti!).
Arriviamo sulla enorme terrazza, dove un tempo non lontano organizzavano serate danzanti. La vista è stupenda. Beira a trecentosessantagradi. La piscina olimpionica trasformata in pozza d’acqua piovana, enorme lavabo per i panni sporchi. L’Hotel Miramar. L’Oceania, famigerato Night Club, con i battenti chiusi da anni. I tetti delle case, le lussuose dimore coloniali di Ponta Gea. Il Predio dos Casamentos, dove giovani coppie vanno a sposarsi. Il mercato di Praia Nova. E poi mare. Tutto intorno mare. Il mare di Beira, che la giornata cupa di oggi rende ancora più grigio-topo. Aggrappato alle macerie del cornicione… un albero. -Eccheccifa un albero in terrazza?- Chiedo. Mi dicono che le radici sono salite dal giardino (mah! Non mi convince molto, ma annuisco e apro leggermente la bocca in segno di meraviglia).
Qui conosciamo un altro abitante dell’albergo. Vive qui da diciotto anni. Figlio di un militare trasferito qui dopo la fine della guerra di Indipendenza. Ci dice che nemmeno il segretario sa con esattezza quante persone vivano qui dentro. Le stanze numerate sono trecentouno. Più le stanze non numerate. Più gli scantinati. Più i grandi saloni usati come dormitori la notte. Si pensa piú di duemila persone!!
Tra queste molti non lavorano, altri sopravvivono con piccoli lavoretti, alcuni rubano. Ma qui ci vivono anche infermieri, impiegati statali, perfino poliziotti! Insomma tutti quelli che non possono permettersi di pagare per avere un tetto sopra la testa. Qui non si paga affitto, la luce non c’è, l’acqua si prende dalla torneira (fontana) vicino all’ingresso. Ma per venire a vivere qui devi pagare. Chi si trasferisce vende il proprio spazio al nuovo arrivato. Qualcuno addirittura è riuscito a comprare una casa fuori, che affitta, continuando a vivere nel GH.
Anche qui, come in ogni micromondo che si rispetti, non mancano luoghi di culto e scuole. Ci sono spazi dove vengono celebrate messe. C’è una piccola moschea. Piccole scuole improvvisate accolgono lezioni per i bambini più piccoli (come già detto la maggior parte dei bambini ha già lasciato la scuola: troppi i costi per i libri, la divisa, il trasporto…).
Ci congediamo dal nostro ospite. Torniamo sui nostri passi. Stessi corridoi, o almeno credo. Ogni tanto dietro qualche angolo spunta qualche piccola bancarella. Zucchero. Sapone. Fiammiferi. Candele. Uova. Insalata. Qualche pomodoro. Piccole macchie di colore su uno sfondo grigio, uniforme, denso.
Mentre ci avviciniamo all’uscita, di nuovo stupiti dal silenzio, chiediamo dove sono tutti i bambini. Un altoparlante dalla strada ci risponde. L’ora del pane. Come ogni giorno, puntuale, arriva, nel parchetto davanti al GH, un furgoncino che distribuisce gratuitamente il pane ai bambini. Una fila quasi ordinata di piccoli e meno piccoli aspetta con la mano tesa la propria michetta (deformazione da milanese, uela!). Ci avviciniamo e iniziamo a scattare qualche foto. Subito veniamo assaliti da una gioiosa folle urlante, saltante, agitante-la-mano-con-panino. Scattiamo altre foto tra le grida assordanti. In sottofondo dal megafono continuano incessanti gli elogi per il Presidente Armando Guebuza (campagna elettorale in vista delle elezioni di ottobre?).
Salutiamo e ringraziamo le nostre preziose guide. Ormai la precoce oscurità pomeridiana sta scendendo sulla città. L’imponente silhuette si allontana alle nostre spalle. Il Grande Hotel di Beira, the pride of Africa! I resti degli antichi fasti. Quello che rimane di una maestositá senza senso. Un monumento all’inutilità. Ci chiediamo che senso abbia avuto. Quanti soldi buttati via. Non c’era un modo migliore per rendere orgogliose Beira e l’Africa?
GianMuga
Wikipedia
Paola Rolletta – Expresso, Savana
Mocambique para todos
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Nel 1952 si aprono le porte del Grande Hotel di Beira. Di proprietá della Companhia de Moçambique, con i suoi 12.000 metri quadri di sfarzo viene considerato The Pride of Africa, il piú grande e lussuoso albergo del continente. Il progetto iniziale prevede un costo di 35.000 Contos (175.000 Euro). L’arquitetto José Porto viene sostituito durante i lavori dal piú giovane Francisco de Castro, che porta a termine i lavori con un costo finale di 90.000 Contos (450.000 Euro!!). Tre piani, grandi scalinate, larghi corridoi, discoteca con aria condizionata (un lusso a quei tempi), pavimenti completamente di legno, cucine e lavanderia con materiali tedeschi all’avanguardia, mobili di legno provenienti da Lisbona, innovative porte degli ascensori Securit, piscina olimpionica. Perfino un casinó, mai aperto poiché mai autorizzato da Salazar, sotto la pressione dell’allora Vescovo di Beira Dom Sebastião de Resende e dei governi di Swaziland e Rodesia (attuale Zambia) intimoriti dalla possibile concorrenza per i loro casinó. Il Grande Hotel ha peró vita breve. L’attivitá crolla dopo solo due anni dall’apertura, complici una gestione incapace e uno scarso afflusso di turisti. Nel 1963 la chiusura definitiva. Per tutti gli anni sessanta rimangono aperti la piscina, la sala conferenze e la discoteca. L’ultimo evento mondano risale alla festa di capodanno del 1980. Durante la guerra civile inizia l’occupazione dell’edificio, inizialmente dai militari, successivamente dalle famiglie di civili in cerca di un rifugio. Nei sotterranei vengono rinchiusi i prigionieri politici. Negli anni successivi Samora Machel, primo Presidente mozambicano, propone, senza successo, una riabilitazione dell’edificio. Nel 1985 ne viene proposta la demolizione, ma senza proporre una alternativa valida per le famiglie, che si oppongono allo sgombero. Attualmente si stima che siano circa 830 le famiglie all’interno dell’albergo, quasi 2000 persone!!
Visita al Grande Hotel
Finalmente siamo entrati nel famoso, anzi famigerato, Grande Hotel di Beira. Ci siamo riusciti aggregandoci ad alcune suore, che da anni promuovono iniziative a sostegno dei più bisognosi tra i numerosi abitanti dell’Hotel (corsi di cucito e attività con i bambini orfani). Ci accompagnano suor Maria Augusta, di Capo Verde, la tipica suora missionaria con le palle, e dona Isabel, una signora che aiuta nell’organizzazione dei corsi di cucito.
Il piccolo gruppo arriva davanti al Grande Hotel (GH) in perfetto orario. Mai prima d’ora eravamo arrivati così vicino all’enorme eco-mostro. Da qui sotto sembra ancora più gigantesco. Tentiamo di immaginare quante persone possano esserci stipate dentro. Ora non ci resta che aspettare il permesso per entrare. Il segretario del GH (come il segretario di qualsiasi altro bairro della città) deve autorizzarci. Ma sembra che nessuno sappia dove sia finito. Suor Maria Augusta sfodera il mega-cellulare e cerca di rintracciarlo. Niente. Dicono che sia sparito nei meandri dell’albergo. Mi scoraggio. La suora maroni-munita decide di entrare a cercarlo. Entra con passo deciso, sparisce nel buio dell’ex-salone.
Aspettiamo fuori, mentre la vita del GH ci scorre davanti. Donne sedute di fianco ai pochi prodotti da vendere. Bambini (molti) giocano e si rincorrono (per poco non mi tirano giù dona Isabel!). Ragazzi che tornano da scuola (i pochi che ancora ci vanno). Uomini seduti a chiacchierare davanti ad una bottiglia di agua ardente (“acqua” a 40 gradi!). Scene di vita quotidiana ormai familiari. Nel frattempo Isabel ci spiega come non sia facile collaborare con le donne per il corso di cucito. Non possono lasciare il materiale al GH (sparirebbe in pochi istanti). E le donne non sembrano molto interessate ad imparare un lavoro (aqui as mulheres são preguiçosas! – Qui le donne sono pigre!).
Ritorna la suora capoverdiana con dona Chica. Sarà lei ad accompagnarci nella visita. Abbiamo anche il permesso per le foto. Chica vive qui dentro da quindici anni. -Chissà se uscirò mai!- Sorride. Non capisco se la consideri una cosa negativa.
Entriamo nell’immenso, deserto, buio salone. Saliamo le enormi scalinate. Afferro la sciura Isabel. Mica che mi caschi di sotto (il legno dei corrimano e del parquet se lo sono bruciato da mó). Passiamo per lunghi corridoi. Oscurità impenetrabile. Interminabili file di porte tutte uguali si succedono sui due lati. Mi sembra di essere nell’Overlook Hotel di Shining (se vedo un bambino con il triciclo lo piglio a scarpate!). In fondo al tunnel, finalmente…la luce!! Arriviamo ad un’altra ala dell’albergo. Chica ci mostra l’ingresso dell’appartamento dove abitava un tempo, prima di trasferirsi con tutta la famiglia, sempre più numerosa (è appena nato il suo ultimo figlio, il più giovane abitante del GH).
Rimango un po’ stupito. Prima di entrare mi immaginavo una scena differente. Pensavo ad una marea di gente, corridoi affollati, confusione, musica, sporcizia. Avevo in mente le foto che abbiamo scattato nella Rocinha, la più grande favela di Rio de Janeiro. Mi aspettavo una favela concentrata in dodicimilametriquadri. Niente di tutto ciò. Silenzio assoluto. Gli unici rumori vengono dalla strada. E soprattutto nessuno in giro. Tutti in giro per le strade o chiusi nelle stanze (ogni famiglia ha la propria).
Altra sorpresa: pur senza acqua corrente ed energia elettrica, i corridoi sono discretamente puliti. Chica ci spiega che ogni famiglia si occupa delle pulizie degli spazi comuni. Tutta l’immondizia viene accumulata nei vani degli ascensori e in alcune rampe di scale (ormai i rifiuti arrivano fino all’ultimo piano). Nei vani, senza nessuna porta o protezione, oltre ai rifiuti ci finiscono anche i bambini. Fortunatamente fino ad ora non è morto nessuno (forse proprio grazie ai rifiuti!).
Arriviamo sulla enorme terrazza, dove un tempo non lontano organizzavano serate danzanti. La vista è stupenda. Beira a trecentosessantagradi. La piscina olimpionica trasformata in pozza d’acqua piovana, enorme lavabo per i panni sporchi. L’Hotel Miramar. L’Oceania, famigerato Night Club, con i battenti chiusi da anni. I tetti delle case, le lussuose dimore coloniali di Ponta Gea. Il Predio dos Casamentos, dove giovani coppie vanno a sposarsi. Il mercato di Praia Nova. E poi mare. Tutto intorno mare. Il mare di Beira, che la giornata cupa di oggi rende ancora più grigio-topo. Aggrappato alle macerie del cornicione… un albero. -Eccheccifa un albero in terrazza?- Chiedo. Mi dicono che le radici sono salite dal giardino (mah! Non mi convince molto, ma annuisco e apro leggermente la bocca in segno di meraviglia).
Qui conosciamo un altro abitante dell’albergo. Vive qui da diciotto anni. Figlio di un militare trasferito qui dopo la fine della guerra di Indipendenza. Ci dice che nemmeno il segretario sa con esattezza quante persone vivano qui dentro. Le stanze numerate sono trecentouno. Più le stanze non numerate. Più gli scantinati. Più i grandi saloni usati come dormitori la notte. Si pensa piú di duemila persone!!
Tra queste molti non lavorano, altri sopravvivono con piccoli lavoretti, alcuni rubano. Ma qui ci vivono anche infermieri, impiegati statali, perfino poliziotti! Insomma tutti quelli che non possono permettersi di pagare per avere un tetto sopra la testa. Qui non si paga affitto, la luce non c’è, l’acqua si prende dalla torneira (fontana) vicino all’ingresso. Ma per venire a vivere qui devi pagare. Chi si trasferisce vende il proprio spazio al nuovo arrivato. Qualcuno addirittura è riuscito a comprare una casa fuori, che affitta, continuando a vivere nel GH.
Anche qui, come in ogni micromondo che si rispetti, non mancano luoghi di culto e scuole. Ci sono spazi dove vengono celebrate messe. C’è una piccola moschea. Piccole scuole improvvisate accolgono lezioni per i bambini più piccoli (come già detto la maggior parte dei bambini ha già lasciato la scuola: troppi i costi per i libri, la divisa, il trasporto…).
Ci congediamo dal nostro ospite. Torniamo sui nostri passi. Stessi corridoi, o almeno credo. Ogni tanto dietro qualche angolo spunta qualche piccola bancarella. Zucchero. Sapone. Fiammiferi. Candele. Uova. Insalata. Qualche pomodoro. Piccole macchie di colore su uno sfondo grigio, uniforme, denso.
Mentre ci avviciniamo all’uscita, di nuovo stupiti dal silenzio, chiediamo dove sono tutti i bambini. Un altoparlante dalla strada ci risponde. L’ora del pane. Come ogni giorno, puntuale, arriva, nel parchetto davanti al GH, un furgoncino che distribuisce gratuitamente il pane ai bambini. Una fila quasi ordinata di piccoli e meno piccoli aspetta con la mano tesa la propria michetta (deformazione da milanese, uela!). Ci avviciniamo e iniziamo a scattare qualche foto. Subito veniamo assaliti da una gioiosa folle urlante, saltante, agitante-la-mano-con-panino. Scattiamo altre foto tra le grida assordanti. In sottofondo dal megafono continuano incessanti gli elogi per il Presidente Armando Guebuza (campagna elettorale in vista delle elezioni di ottobre?).
Salutiamo e ringraziamo le nostre preziose guide. Ormai la precoce oscurità pomeridiana sta scendendo sulla città. L’imponente silhuette si allontana alle nostre spalle. Il Grande Hotel di Beira, the pride of Africa! I resti degli antichi fasti. Quello che rimane di una maestositá senza senso. Un monumento all’inutilità. Ci chiediamo che senso abbia avuto. Quanti soldi buttati via. Non c’era un modo migliore per rendere orgogliose Beira e l’Africa?
GianMuga
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Paola Rolletta – Expresso, Savana
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