mercoledì 12 agosto 2009

Grande Hotel da Beira


La storia e i numeri
Nel 1952 si aprono le porte del Grande Hotel di Beira. Di proprietá della Companhia de Moçambique, con i suoi 12.000 metri quadri di sfarzo viene considerato The Pride of Africa, il piú grande e lussuoso albergo del continente. Il progetto iniziale prevede un costo di 35.000 Contos (175.000 Euro). L’arquitetto José Porto viene sostituito durante i lavori dal piú giovane Francisco de Castro, che porta a termine i lavori con un costo finale di 90.000 Contos (450.000 Euro!!). Tre piani, grandi scalinate, larghi corridoi, discoteca con aria condizionata (un lusso a quei tempi), pavimenti completamente di legno, cucine e lavanderia con materiali tedeschi all’avanguardia, mobili di legno provenienti da Lisbona, innovative porte degli ascensori Securit, piscina olimpionica. Perfino un casinó, mai aperto poiché mai autorizzato da Salazar, sotto la pressione dell’allora Vescovo di Beira Dom Sebastião de Resende e dei governi di Swaziland e Rodesia (attuale Zambia) intimoriti dalla possibile concorrenza per i loro casinó. Il Grande Hotel ha peró vita breve. L’attivitá crolla dopo solo due anni dall’apertura, complici una gestione incapace e uno scarso afflusso di turisti. Nel 1963 la chiusura definitiva. Per tutti gli anni sessanta rimangono aperti la piscina, la sala conferenze e la discoteca. L’ultimo evento mondano risale alla festa di capodanno del 1980. Durante la guerra civile inizia l’occupazione dell’edificio, inizialmente dai militari, successivamente dalle famiglie di civili in cerca di un rifugio. Nei sotterranei vengono rinchiusi i prigionieri politici. Negli anni successivi Samora Machel, primo Presidente mozambicano, propone, senza successo, una riabilitazione dell’edificio. Nel 1985 ne viene proposta la demolizione, ma senza proporre una alternativa valida per le famiglie, che si oppongono allo sgombero. Attualmente si stima che siano circa 830 le famiglie all’interno dell’albergo, quasi 2000 persone!!

Visita al Grande Hotel
Finalmente siamo entrati nel famoso, anzi famigerato, Grande Hotel di Beira. Ci siamo riusciti aggregandoci ad alcune suore, che da anni promuovono iniziative a sostegno dei più bisognosi tra i numerosi abitanti dell’Hotel (corsi di cucito e attività con i bambini orfani). Ci accompagnano suor Maria Augusta, di Capo Verde, la tipica suora missionaria con le palle, e dona Isabel, una signora che aiuta nell’organizzazione dei corsi di cucito.
Il piccolo gruppo arriva davanti al Grande Hotel (GH) in perfetto orario. Mai prima d’ora eravamo arrivati così vicino all’enorme eco-mostro. Da qui sotto sembra ancora più gigantesco. Tentiamo di immaginare quante persone possano esserci stipate dentro. Ora non ci resta che aspettare il permesso per entrare. Il segretario del GH (come il segretario di qualsiasi altro bairro della città) deve autorizzarci. Ma sembra che nessuno sappia dove sia finito. Suor Maria Augusta sfodera il mega-cellulare e cerca di rintracciarlo. Niente. Dicono che sia sparito nei meandri dell’albergo. Mi scoraggio. La suora maroni-munita decide di entrare a cercarlo. Entra con passo deciso, sparisce nel buio dell’ex-salone.

Aspettiamo fuori, mentre la vita del GH ci scorre davanti. Donne sedute di fianco ai pochi prodotti da vendere. Bambini (molti) giocano e si rincorrono (per poco non mi tirano giù dona Isabel!). Ragazzi che tornano da scuola (i pochi che ancora ci vanno). Uomini seduti a chiacchierare davanti ad una bottiglia di agua ardente (“acqua” a 40 gradi!). Scene di vita quotidiana ormai familiari. Nel frattempo Isabel ci spiega come non sia facile collaborare con le donne per il corso di cucito. Non possono lasciare il materiale al GH (sparirebbe in pochi istanti). E le donne non sembrano molto interessate ad imparare un lavoro (aqui as mulheres são preguiçosas! – Qui le donne sono pigre!).
Ritorna la suora capoverdiana con dona Chica. Sarà lei ad accompagnarci nella visita. Abbiamo anche il permesso per le foto. Chica vive qui dentro da quindici anni. -Chissà se uscirò mai!- Sorride. Non capisco se la consideri una cosa negativa.

Entriamo nell’immenso, deserto, buio salone. Saliamo le enormi scalinate. Afferro la sciura Isabel. Mica che mi caschi di sotto (il legno dei corrimano e del parquet se lo sono bruciato da mó). Passiamo per lunghi corridoi. Oscurità impenetrabile. Interminabili file di porte tutte uguali si succedono sui due lati. Mi sembra di essere nell’Overlook Hotel di Shining (se vedo un bambino con il triciclo lo piglio a scarpate!). In fondo al tunnel, finalmente…la luce!! Arriviamo ad un’altra ala dell’albergo. Chica ci mostra l’ingresso dell’appartamento dove abitava un tempo, prima di trasferirsi con tutta la famiglia, sempre più numerosa (è appena nato il suo ultimo figlio, il più giovane abitante del GH).

Rimango un po’ stupito. Prima di entrare mi immaginavo una scena differente. Pensavo ad una marea di gente, corridoi affollati, confusione, musica, sporcizia. Avevo in mente le foto che abbiamo scattato nella Rocinha, la più grande favela di Rio de Janeiro. Mi aspettavo una favela concentrata in dodicimilametriquadri. Niente di tutto ciò. Silenzio assoluto. Gli unici rumori vengono dalla strada. E soprattutto nessuno in giro. Tutti in giro per le strade o chiusi nelle stanze (ogni famiglia ha la propria).

Altra sorpresa: pur senza acqua corrente ed energia elettrica, i corridoi sono discretamente puliti. Chica ci spiega che ogni famiglia si occupa delle pulizie degli spazi comuni. Tutta l’immondizia viene accumulata nei vani degli ascensori e in alcune rampe di scale (ormai i rifiuti arrivano fino all’ultimo piano). Nei vani, senza nessuna porta o protezione, oltre ai rifiuti ci finiscono anche i bambini. Fortunatamente fino ad ora non è morto nessuno (forse proprio grazie ai rifiuti!).

Arriviamo sulla enorme terrazza, dove un tempo non lontano organizzavano serate danzanti. La vista è stupenda. Beira a trecentosessantagradi. La piscina olimpionica trasformata in pozza d’acqua piovana, enorme lavabo per i panni sporchi. L’Hotel Miramar. L’Oceania, famigerato Night Club, con i battenti chiusi da anni. I tetti delle case, le lussuose dimore coloniali di Ponta Gea. Il Predio dos Casamentos, dove giovani coppie vanno a sposarsi. Il mercato di Praia Nova. E poi mare. Tutto intorno mare. Il mare di Beira, che la giornata cupa di oggi rende ancora più grigio-topo. Aggrappato alle macerie del cornicione… un albero. -Eccheccifa un albero in terrazza?- Chiedo. Mi dicono che le radici sono salite dal giardino (mah! Non mi convince molto, ma annuisco e apro leggermente la bocca in segno di meraviglia).

Qui conosciamo un altro abitante dell’albergo. Vive qui da diciotto anni. Figlio di un militare trasferito qui dopo la fine della guerra di Indipendenza. Ci dice che nemmeno il segretario sa con esattezza quante persone vivano qui dentro. Le stanze numerate sono trecentouno. Più le stanze non numerate. Più gli scantinati. Più i grandi saloni usati come dormitori la notte. Si pensa piú di duemila persone!!


Tra queste molti non lavorano, altri sopravvivono con piccoli lavoretti, alcuni rubano. Ma qui ci vivono anche infermieri, impiegati statali, perfino poliziotti! Insomma tutti quelli che non possono permettersi di pagare per avere un tetto sopra la testa. Qui non si paga affitto, la luce non c’è, l’acqua si prende dalla torneira (fontana) vicino all’ingresso. Ma per venire a vivere qui devi pagare. Chi si trasferisce vende il proprio spazio al nuovo arrivato. Qualcuno addirittura è riuscito a comprare una casa fuori, che affitta, continuando a vivere nel GH.
Anche qui, come in ogni micromondo che si rispetti, non mancano luoghi di culto e scuole. Ci sono spazi dove vengono celebrate messe. C’è una piccola moschea. Piccole scuole improvvisate accolgono lezioni per i bambini più piccoli (come già detto la maggior parte dei bambini ha già lasciato la scuola: troppi i costi per i libri, la divisa, il trasporto…).
Ci congediamo dal nostro ospite. Torniamo sui nostri passi. Stessi corridoi, o almeno credo. Ogni tanto dietro qualche angolo spunta qualche piccola bancarella. Zucchero. Sapone. Fiammiferi. Candele. Uova. Insalata. Qualche pomodoro. Piccole macchie di colore su uno sfondo grigio, uniforme, denso.


Mentre ci avviciniamo all’uscita, di nuovo stupiti dal silenzio, chiediamo dove sono tutti i bambini. Un altoparlante dalla strada ci risponde. L’ora del pane. Come ogni giorno, puntuale, arriva, nel parchetto davanti al GH, un furgoncino che distribuisce gratuitamente il pane ai bambini. Una fila quasi ordinata di piccoli e meno piccoli aspetta con la mano tesa la propria michetta (deformazione da milanese, uela!). Ci avviciniamo e iniziamo a scattare qualche foto. Subito veniamo assaliti da una gioiosa folle urlante, saltante, agitante-la-mano-con-panino. Scattiamo altre foto tra le grida assordanti. In sottofondo dal megafono continuano incessanti gli elogi per il Presidente Armando Guebuza (campagna elettorale in vista delle elezioni di ottobre?).

Salutiamo e ringraziamo le nostre preziose guide. Ormai la precoce oscurità pomeridiana sta scendendo sulla città. L’imponente silhuette si allontana alle nostre spalle. Il Grande Hotel di Beira, the pride of Africa! I resti degli antichi fasti. Quello che rimane di una maestositá senza senso. Un monumento all’inutilità. Ci chiediamo che senso abbia avuto. Quanti soldi buttati via. Non c’era un modo migliore per rendere orgogliose Beira e l’Africa?

GianMuga
Wikipedia

Paola Rolletta – Expresso, Savana

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9 commenti:

Elisa ha detto...

há coisas desmedidas...

GianMuga ha detto...

Ola Elisa!
O que significa "desmedidas"??
Bjs

Anonimo ha detto...

mi è piaciuto molto il tuo racconto gian. un micromondo dentro il mondo mozambico, la fortuna di entrarci non è da pochi. ti consiglio 'hospedes da noite' di licinio azevedo, ce l'ho in dvd, parla proprio di questo straordinario hotel metabolizzato in slum.

abraço
andrea

drcerof ha detto...

Avevo letto un servizio su repubblica mi pare ma il tuo e' molto molto più bello comprese le foto grazie x questi tuoi racconti. Ricordandoti con affetto (nonostante il colore che ci divide) un abbraccio angelo

ChBonnie ha detto...

Bella Gianlu! belle le foto (che invidia) e un racconto intenso davvero, non deludi le aspettative dei tuoi lettori insomma.
a presto ormai, bacioni

Anonimo ha detto...

complimenti dottore! racconto pazzesco, bellissime foto (J?). pdx

Anonimo ha detto...

Ciao a tutti.Ho letto con interesse il blog.Tempo fa avevo trovato un articolo che trattava dell'argomento su una rivista missionaria. Ne ho richiesto una copia omaggio. Ottimo contenuto e belle foto. A chi interessasse:
http://www.missionaridafrica.org/archivio_rivista/2009-02/sommario/beira_18-19.htm

Anonimo ha detto...

Andrea (15 agosto 2009 7.48) ha menzionato in questo blog di un film su DVD che parla del Grande Hotel. C'è maniera di trovarlo da qualche parte? contatto: castellana69@libero.it
Grazie

GianMuga ha detto...

A Maputo ho trovato il DVD e lo prendo al ritorno in Moz.
Ciao